Disarmo del cuore

Siamo ormai quasi alla 60.ma Giornata mondiale della Pace, istituita da S. Paolo VI con il suo messaggio dell'8 dicembre 1967 per il 1° gennaio 1968, sulle orme del predecessore San Giovanni XXIII che volle intitolare la sua ultima enciclica, poco prima di morire, con l'espressione "Pacem in terris", esortando, anzi supplicando, alla "pace fra tutte le genti nella verità, nella giustizia, nell'amore, nella libertà".

Siamo ormai quasi alla 60.ma Giornata mondiale della Pace, istituita da S. Paolo VI con il suo messaggio dell’8 dicembre 1967 per il 1° gennaio 1968, sulle orme del predecessore San Giovanni XXIII che volle intitolare la sua ultima enciclica, poco prima di morire, con l’espressione “Pacem in terris”, esortando, anzi supplicando, alla “pace fra tutte le genti nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà”. Ogni anno arriva dalla sede petrina un pregnante messaggio rivolto a tutti gli uomini, a tutti i popoli e a tutti i capi delle nazioni, a volte preso in qualche considerazione, altre (troppe) ignorato e disatteso. Il titolo posto da Leone XIV, per questo 1° gennaio, è “La pace sia con voi. Verso una pace disarmata e disarmante”, riecheggiando il suo primo saluto da pontefice alla Chiesa e al mondo intero. Non è certamente solo tema per un giorno, o magari per un mese (come da tempo suggerisce opportunamente, ad esempio, l’Azione cattolica ragazzi, celebrando in gennaio il “mese della pace”), ma per tutti i giorni. E chi di noi, specie in questi ultimi tempi non la chiede e non prega per la pace, come il nostro vescovo ha iniziato a esplicitare ormai da 1410 giorni – cioè dall’infausta invasione russa dell’Ucraina – ad ogni messa prima del “Padre nostro”? Pregare e, per quanto ci compete o ci è possibile, agire per la pace. Il binomio di verbi-aggettivi, diventato ormai impegnativo slogan che è anche un programma, “disarmata e disarmante”, ci interpella e ci impegna tutti, certo a partire dai potenti della terra, ma anche da ciascuno di noi. Non dimentichiamo la “luce” che brilla in questo Natale-Epifania, poiché, come sottolinea Leone XIV, significherebbe abbandonarsi o rassegnarsi ad una “visione parziale e distorta, nel segno delle tenebre e della paura”. Purtroppo ci coglie spesso un “senso di impotenza” se pensiamo alla pace come a un ideale lontano e irraggiungibile: ed è questo che subdolamente viene insinuato da chi “per dominare e avanzare senza limiti” semina “la mancanza di speranza” e suscita “la sfiducia costante”. In questo contesto il papa affida un compito grande proprio alle religioni e ai credenti, “vigilando sul crescente tentativo di trasformare in armi persino i pensieri e le parole”, stigmatizzando quelle “forme di blasfemia che oscurano il Nome Santo di Dio” e tenendo sempre viva la speranza del dialogo e della riconciliazione. Disarmata, la pace, fino ad amare “anche i nemici della pace”, che invece purtroppo continuano ad accumulare armi (nel 2024 – ricorda il papa – le spese militari sono aumentate del 9,4% in una tendenza ininterrotta da dieci anni) radicalizzando con le nuove tecnologie e con l’intelligenza artificiale “la tragicità dei conflitti armati”. E disarmante, la pace, com’è disarmante la bontà, come è disarmante lo sguardo innocente di un bimbo o il volto supplichevole di chi è fragile. La riduzione progressiva degli armamenti, a cui pure ci si era applicati qualche decennio fa, sembra ormai una chimera; e la loro eliminazione sarà certamente impossibile se non si procede interiormente a un “disarmo integrale”, sostituendo al principio della deterrenza la convinzione che “la vera pace si può costruire solo nella vicendevole fiducia”, dove la dimensione politica diventa fondamentale, col “ruolo disarmante della diplomazia, della mediazione, del diritto internazionale” da recuperare pienamente insieme al rafforzamento delle istituzioni sovranazionali; mentre invece, purtroppo, esso viene continuamente smentito da violazioni e delegittimazioni reciproche. Nel suo messaggio papa Leone, oltre alle immancabili e sempre azzeccate citazioni del “suo” Sant’Agostino, cita molte volte i suoi predecessori, da Giovanni XXIII a Benedetto XVI a Francesco, e ancor prima dal suo “eponimo” Leone XIII: si tratta infatti di un magistero costante della Chiesa, che ormai da oltre un secolo invita, esorta, supplica l’umanità a percorrere strade di giustizia, di riconciliazione, di vera pace, poiché – come già ammoniva papa Giovanni XXIII – “gli esseri umani vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile”. Le chiarissime e dure parole pronunciate da Leone XIV nel giorno di Natale sono lì a inchiodare alla loro responsabilità i capi delle nazioni che perpetuano i conflitti: ha ricordato infatti come “i giovani costretti alle armi capiscono l’insensatezza della guerra e le menzogne di chi li manda a morire”. Quante menzogne continuiamo a sentire in questi giorni: addirittura, per andare allo specifico concreto, si fa strada la narrazione secondo cui la guerra nel cuore dell’Europa è stata iniziata dall’Ucraina poiché – afferma assurdamente lo zar – l’avevamo invitata prima a “ritirare le sue truppe dal suo territorio”! La menzogna fatta verità a proprio uso e consumo non può certo costruire pace. Occorre prima di tutto – come conclude papa Leone -, ma questo riguarda tutti, “il disarmo del cuore, della mente e della vita”.

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