Una Chiesa quasi “asfissiata” da un regime che impedisce perfino ai turisti di entrare nel Paese con una Bibbia; decapitata, con quattro vescovi su dieci che vivono in esilio, sistematicamente silenziata. Una Chiesa martire, forse più che in qualunque altro luogo al mondo. Eppure, una Chiesa che resta viva, come testimoniato, per esempio, dalla recente ordinazione di otto sacerdoti nella cattedrale di Managua. La Chiesa del Venezuela ha vissuto, ieri, un altro Natale “a porte chiuse”, senza la possibilità di manifestare la propria gioia e la propria fede al di fuori dei templi, nelle strade, nelle piazze, con segni visibili nelle proprie case. Accade da anni, da quando la repressione, iniziata nel 2018, dopo le grandi proteste popolari, si è via via rafforzata.
Il Vangelo continua a esser vivo. Analogamente, qualche settimana fa, la celebrazione di La Purísima, con tale titolo viene venerata in Nicaragua Maria Immacolata, patrona del Paese, è stata segnata dall’opprimente sorveglianza della polizia e delle strutture dei Cpc (Consigli del potere dei cittadini), che hanno visitato altari domestici non segnalati, scattando foto e registrando i nomi delle famiglie. Questa ingerenza ha generato paura e censura in una delle tradizioni religiose più radicate del Paese. Molte famiglie di oppositori hanno evitato di esporre simboli come le bandiere blu e bianca (colori dell’opposizione) o i segni della devozione, sostituendole con fiori dai colori meno evidenti.
Israel González Espinoza, giornalista nicaraguense esiliato in Spagna, fa notare al Sir: “Il grado di persecuzione religiosa che sta sviluppando il regime di Ortega rasenta la paranoia. Non solo vengono vietati l’ingresso di libri e giornali, ma ora anche la Bibbia è vietata nel Paese, come se fosse una lettura ‘sovversiva’. In realtà, se si legge bene la Sacra Scrittura, si può vedere che la parola di Dio è sempre illuminante e liberatrice delle coscienze. Un anno fa, Papa Francesco ha affermato in una lettera al popolo del Nicaragua che la coscienza e ‘l’intimità del nostro cuore, dove risiede la libertà delle figlie e dei figli di Dio, nessuno può portarcela via’. Sebbene il regime di Ortega persista nella sua persecuzione religiosa e nella sua sistematica violazione di tutti i diritti umani nel Paese, il Vangelo e la vita della Chiesa in Nicaragua continueranno ad andare avanti, perché il martirio e la persecuzione sono sempre semi di nuovi cristiani”.
Un altro Natale nella persecuzione. Martha Patricia Molina, avvocata e attivista, da anni tiene un’accurata “contabilità” delle persecuzioni subite dalla Chiesa cattolica e da altre Chiese cristiane. Il rapporto da lei curato, intitolato “Nicaragua: una Chiesa perseguitata”, ha già raggiunto la settima edizione. “La dittatura Ortega-Murillo – ha commentato Molina nei giorni scorsi, riferendo gli episodi più recenti – continua a perseguire tutto ciò che ha a che fare con la libertà religiosa in Nicaragua”. Messe sorvegliate, recite natalizie proibite, sacerdoti perseguitati e minacciati, furti nelle parrocchie, minacce affinché nessuno (compresi i laici) denunci. Chierichetti (minorenni) convocati o ‘visitati’ nelle loro case per firmare documenti senza averli prima letti.
304 (vescovi, sacerdoti, seminaristi, diaconi e suore) non esercitano più la loro missione pastorale in Nicaragua e in questo mese di dicembre tre sacerdoti nicaraguensi, che si trovavano all’estero, sono stati informati che sono stati privati del permesso a fare ingresso nel loro Paese.
L’elenco delle vessazioni e delle aggressioni contro la Chiesa cattolica è infinito.
Lo scorso agosto, l’attivista aveva presentato la più recente edizione del suo rapporto, nel quale si parlava di 1.010 attacchi diretti contro la Chiesa, il furto di almeno 36 proprietà e il divieto di 16.564 processione dall’aprile 2018. Negli ultimi mesi ci sono stati ulteriori attacchi, anche se in numero minore rispetto agli anni precedenti. Cifre che non devono, però, far pensare a un allentamento della pressione da parte del regime: piuttosto, si tratta del segnale che la Chiesa è ormai estremamente debole e sfibrata, a causa di una repressione implacabile.
“Di fronte al potere dell’oppressore – ha affermato mons. Silvio José Báez, vescovo ausiliare di Managua, in esilio a Miami, durante la messa dello scorso 21 dicembre -, davanti al quale spesso ci sentiamo impotenti, non dobbiamo cadere nella disperazione, pensando che tutto sia inutile e che non ci sia nulla da fare”.
“Confidiamo sempre nel Dio che fa sì che ciò che sembra un limite diventi un nuovo orizzonte, e che ciò che sembra impossibile si trasformi nell’inizio di una nuova realtà”.

