This content is available in English

Leone XIV: “L’archeologia cristiana è scuola di incarnazione e custode della speranza”

In una lettera apostolica per il centenario del Pontificio Istituto di archeologia cristiana, Leone XIV riafferma il valore dell'archeologia come disciplina fondamentale per comprendere la fede incarnata nella storia. "Il cristianesimo non è nato da un'idea, ma da una carne", scrive il Papa, invitando studiosi e ricercatori a rendere visibile come il Verbo si è fatto narrazione concreta

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

La memoria del passato è nutrimento della speranza. Leone XIV lo scrive con nettezza nella lettera apostolica pubblicata oggi per il centenario del Pontificio Istituto di archeologia cristiana, fondato nel 1925 da Pio XI con il motu proprio “I primitivi cemeteri”. Cento anni che coincidono con un nuovo Giubileo, quasi a suggellare un passaggio: dall’alleviare le ferite della Prima guerra mondiale a offrire prospettive di speranza in un’umanità travagliata da guerre e crisi. “Il nostro tempo, segnato da rapidi mutamenti, da crisi umanitarie e transizioni culturali, richiede la ricerca di una sapienza profonda, capace di custodire e tramandare al futuro ciò che è veramente essenziale”, afferma il Papa. In questi cento anni, l’Istituto ha formato centinaia di archeologi del cristianesimo antico provenienti da tutte le parti del mondo, promosso ricerche a Roma e nell’intero orbe cristiano, svolto un ruolo internazionale attraverso congressi e strette relazioni con università e centri di studio.

Pontificio Istituto di archeologia cristiana

Fu istituito da Pio XI l’11 dicembre 1925 con il motu proprio “I primitivi cemeteri”, su un’idea nata già nel 1900 e maturata durante la Prima guerra mondiale. L’Istituto, inizialmente pensato per onorare Giovanni Battista de Rossi, ha sede dal 1927 nel palazzo assegnato dal Papa. La sua missione si colloca in collaborazione con la Pontificia Accademia romana di archeologia e la Pontificia Commissione di archeologia sacra. Dopo gli esordi segnati da maestri di fama internazionale, il Piac ha consolidato nel dopoguerra la propria attività didattica e scientifica. Oggi continua a formare studiosi e a contribuire alla ricerca sulle antichità cristiane.

Un sapere tattile che educa alla fede incarnata
“Il cristianesimo non è nato da un’idea, ma da una carne”, scrive Leone XIV. Non da un concetto astratto, ma da un corpo, da un sepolcro. La fede cristiana si fonda su eventi concreti, su volti, gesti, parole pronunciate in una lingua, in un’epoca, in un ambiente. È questo che l’archeologia rende evidente, palpabile. “Essa ci ricorda che Dio ha scelto di parlare in una lingua umana, di camminare su una terra, di abitare luoghi, case, sinagoghe, strade”, osserva il Papa. L’archeologia cristiana diventa così una teologia dei sensi: una disciplina che sa vedere, toccare, odorare, ascoltare.

“Anche un frammento di mosaico, un’iscrizione dimenticata, un graffito su una parete catacombale possono raccontare la biografia della fede”, spiega Leone XIV.

L’archeologia è anche scuola di umiltà: “insegna a non disprezzare ciò che è piccolo, ciò che è apparentemente secondario”, afferma il Papa. Insegna a leggere i segni, a interpretare il silenzio e l’enigma delle cose. “È una scienza della soglia, che sta tra la storia e la fede, tra la materia e lo Spirito, tra l’antico e l’eterno”, aggiunge Leone XIV. Fin dalle origini del cristianesimo, la memoria ha avuto un ruolo fondamentale nell’evangelizzazione. Le prime comunità custodivano, insieme alle parole di Gesù, anche i luoghi, gli oggetti, i segni della sua presenza. Tutto concorreva a testimoniare che Dio era entrato davvero nella storia. “La vera archeologia cristiana non è conservazione sterile, ma memoria viva. È capacità di far parlare il passato al presente”, sottolinea il Papa.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Educare alla memoria in un tempo di oblio
“Viviamo in un mondo che tende a dimenticare, che corre veloce, che consuma immagini e parole senza sedimentare senso”, constata Leone XIV. La Chiesa, invece, è chiamata a educare alla memoria, e l’archeologia cristiana è uno dei suoi strumenti più nobili. Non per rifugiarsi nel passato, ma per abitare il presente con coscienza, per costruire il futuro con radici. “Chi conosce la propria storia, sa chi è. Sa dove andare. Sa di chi è figlio e a quale speranza è chiamato”, scrive il Papa. I cristiani non sono orfani: “Hanno una genealogia di fede, una tradizione viva, una comunione di testimoni”. L’archeologia cristiana rende visibile questa genealogia, ne custodisce i segni, li interpreta, li racconta, li trasmette.

“Mostra che la fede ha già attraversato epoche difficili. Ha resistito alle persecuzioni, alle crisi, ai cambiamenti”, ricorda Leone XIV.

Nel centenario dell’Istituto, Leone XIV richiama l’importanza della comunione tra le diverse istituzioni che si occupano di archeologia: la Pontificia Accademia romana di archeologia, la Pontificia Commissione di archeologia sacra, la Pontificia Accademia Cultorum Martyrum, il Pontificio Istituto di archeologia cristiana. “È necessario che esse collaborino, si parlino, si sostengano. Che stabiliscano sinergie, elaborino progetti comuni, promuovano reti internazionali”, osserva il Papa. L’archeologia cristiana non è una riserva per pochi, ma una risorsa per tutti. E il Papa invita studiosi, docenti, studenti, ricercatori a non lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà: “L’archeologia cristiana è un servizio, è una vocazione, è una forma di amore per la Chiesa e per l’umanità”. Chi studia le origini cristiane vede che il Vangelo ha sempre avuto una forza generativa, che la Chiesa è sempre rinata, che la speranza non è mai venuta meno.

Altri articoli in Chiesa

Chiesa