Vegliate!
La liturgia dell’Avvento è un richiamo a vivere il tempo presente nell’attesa vigilante e gioiosa del ritorno ultimo del Signore (parusia, in greco; adventus, in latino). Se nella forma più prossima l’Avvento ci prepara alle feste del Natale, a lungo termine ci orienta all’incontro definitivo con il Signore, quando verrà a giudicare i vivi e i morti alla fine dei tempi. San Bernardo, inoltre, esorta a non trascurare altre possibili venute di Cristo nell’oggi della storia, quando ascoltiamo la Parola di Dio o ci accostiamo ai Sacramenti: in questi casi siamo invitati ad accogliere l’Agnello che bussa alla porta della coscienza ed attende, a sua volta, di prendere dimora in noi. Pertanto l’Avvento non è solo un tempo liturgico, ma è una qualità della vita battesimale, una disposizione del cuore che desidera e si prepara alla comunione con il Signore.
Il Vangelo della prima domenica di Avvento richiama ciascuno di noi a vivere con attenzione, ovvero con una tensione dell’animo che tende-ad, che esce da sé per rivolgersi verso Dio. Tale condizione descrive bene il nostro cammino verso una meta: la cittadinanza del cielo. Solo puntando lo sguardo alla vita eterna, che è in noi e davanti a noi, possiamo comprendere un’espressione dell’apostolo Pietro nella sua Seconda Lettera, relativa all’affrettare i tempi dell’incontro con il Signore: Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio (2Pt 3, 11-12). L’apostolo Paolo invita il discepolo Timoteo ad attendere con amore la manifestazione del Signore (2Tm 4, 8). La preghiera liturgica della comunità cristiana esplicita questo amore in tre modalità: “vigilanti nella preghiera, operosi nella carità fraterna ed esultanti nella lode”.
La vigilanza ci preserva da una forma particolare di seduzione, che riconosciamo nella distrazione: come gli uomini e le donne del tempo di Noè, di cui ci parla il vangelo di Matteo, anche noi possiamo vivere senza accorgerci di nulla, indifferenti e noncuranti di ciò che, al contrario, va cercato prima di tutto come un bene essenziale: la nostra salvezza. La successione dei verbi all’imperfetto: mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito… descrive una ordinarietà della vita che non lascia spazio al mistero di Dio, ma è contrassegnata da una ripetitività e da un grigiore, che esclude la bellezza della vita spirituale e la novità dell’agire di Dio. L’Avvento è allora il tempo che ci ricorda di attivare una lotta interiore contro lo spirito della noncuranza e dell’indifferenza verso le persone, contro la superficialità nei rapporti, l’inconsapevolezza del peso delle parole, l’incuria del creato, la trascuratezza della vita interiore e la perdita del senso dell’attesa di Dio. La vigilanza operosa consente di prestare cura a chi è al nostro fianco, riconoscendo il valore di ogni persona e di ciascuna relazione. È vigilante chi dichiara che nulla e nessuno gli è estraneo, e rinuncia a dire: “Non mi interessa”. Vigilare sul cuore ci libera dal fardello delle nostre oscurità interiori, delle ipocrisie, e delle seduzioni del mondo.
L’Avvento vuole ridestare la memoria di Dio quale bene assoluto, quale termine dell’inesausto desiderio di felicità che arde nel cuore umano: un Dio atteso ed amato più della stessa vita, un Dio che appaga l’anelito di chi lo cerca, un Dio che si rivela come bene sommo. Commentando il salmo 62, sant’Agostino spiega che ogni cristiano avverte in sé una sete da soddisfare; purtroppo non sempre riesce a comprendere che solo Dio può estinguerla: “Ci sono alcuni che hanno sete, ma non di Dio. E vedete quanti desideri vi sono nel cuore degli uomini: uno desidera l’oro, un altro desidera l’argento, un altro ancora desidera le proprietà, un altro l’eredità, un altro denari in abbondanza… Tutti gli uomini ardono dal desiderio; ma quanto è difficile trovare uno che dica: Di te, Signore, l’anima mia ha avuto sete!”. Con amarezza il predicatore ammette che la gente ha sete più del mondo che di Dio. Ed ecco l’appello accorato che aiuta anche tutti noi a vivere l’inizio e lo svolgersi dell’anno liturgico: “Noi almeno diciamo: Ha avuto sete di te l’anima mia. Diciamolo tutti, poiché, nella concordia di Cristo, tutti siamo una sola anima: un’anima assetata” di Dio nel deserto di questa nostra vita (Comm. al salmo 62, 5).