Domenica 16 novembre – XXXIII del Tempo Ordinario

Perseverare fino alla fine

L’anno liturgico volge al termine e le letture della domenica XXXIII del Tempo ordinario ci proiettano verso la parusia, la seconda e definitiva venuta di Cristo giudice della storia e dell’umanità. Il riferimento a distruzioni, guerre, catastrofi naturali e persecuzioni che si abbattono sulla comunità cristiana appartiene al linguaggio della letteratura apocalittica, ma per l’evangelista l’elenco di tali disastri è pertinente alla storia in corso più che ai segni anticipatori del giudizio di Dio. Tali eventi non devono causare panico o smarrimento nei discepoli; il messaggio evangelico tende a un’esortazione: essere vigilanti e perseveranti nella fede, soprattutto nel tempo della prova.
L’entusiasmo di chi ammira la bellezza e la ricchezza dei doni votivi del tempio di Gerusalemme è subito spento da Gesù con una considerazione amara: non sarà lasciata pietra su pietra. La profezia si compirà storicamente nel 70 d.C. con la spoliazione e distruzione del tempio ad opera dell’imperatore Tito; ma la parola di Gesù intende porre l’attenzione sulla transitorietà di ogni opera dell’uomo, anche la più splendida e la più sacra: tutto è destinato a passare, mentre rimane la vita eterna con Dio, unica nostra certezza. Negli ascoltatori la reazione è immediata, con una domanda colma di apprensione e curiosità: quando si compirà la previsione negativa e quali segni l’annunceranno? Per Gesù non si tratta di stabilire tempi e modalità della fine del mondo; gli ascoltatori devono vivere il presente come un’occasione favorevole per rinnovare la propria fiduciosa adesione al Signore. Due indicazioni preziose ci vengono affidate: evitare di essere ingannati e non lasciarsi vincere dalla paura.
Badate di non lasciarvi ingannare… Falsi profeti e maestri fanatici spuntano dal nulla per indurre i discepoli di Gesù ad abbandonare la fede, rigettando la verità del Vangelo e negando l’impegno per il Regno dei Cieli. La menzogna è nel voler determinare la fine dei tempi, “quando” e “come” accadranno tali sconvolgimenti. Gesù non invita a trarre conclusioni affrettate su tali eventi che devono accadere. Ed è proprio questa espressione a rassicurarci: anche se difficile da decifrare, una situazione di terrore è inserita nel piano di Dio, che dirige la storia non verso la fine, ma verso una pienezza. Questa assistenza divina è garantita da un’altra affermazione di Gesù: nel momento della persecuzione, i discepoli nella loro difesa riceveranno l’apporto della parola e della sapienza del Maestro per controbattere ogni accusa. E qualora la persecuzione dovesse scoppiare nell’ambito della famiglia, anche allora il discepolo non perderà nulla della propria vita, perché essa è nelle mani di Dio: nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto!
Il versetto conclusivo squarcia le tenebre e l’ansia che il racconto apocalittico potrebbe aver suscitato nel cuore del credente: con la vostra perseveranza salverete la vostra vita. Come resistere e perseverare nella fede quando la vita riserva prove su prove?
Una prima indicazione può essere tratta dalle parole che l’apostolo Paolo rivolge al discepolo Timoteo, il quale deve tutelarsi di fronte a quei maestri che spargono menzogne o illudono con la loro falsa dottrina: è bene seguire le sane parole del Signore Gesù Cristo e restare all’interno della tradizione della Chiesa (cfr. 1Tm 6,3). Per rimanere saldi nella fede non si devono abbandonare l’ascolto e l’obbedienza alla Parola di Dio, che comunica un disegno di salvezza mai revocato da parte di Dio, né ci si deve staccare dalla dottrina insegnata dalla Chiesa.
La perseveranza scaturisce dalla fiducia nel Signore, da rinnovare ogni giorno: è proprio nel tempo della prova che la testimonianza diviene autentica, non perché affidata alle nostre deboli forze, ma incoraggiata e sostenuta dalla presenza del Signore. Un’ulteriore indicazione giunge dall’esempio di pazienza dimostrata da Cristo nell’ora della passione: continuare ad amare nonostante gli oltraggi, la violenza e l’oppressione, fino al dono di sé, garantisce una continuità nell’esercizio della fede.
Infine, la perseveranza è un dono da invocare nella preghiera. Così raccomanda sant’Agostino ai suoi fedeli: “E questa perseveranza chi ce la darà, se non colui del quale si dice: e non ha lasciato vacillare i miei piedi? Sì, egli ha rimesso in vita l’anima nostra… Colui che ci ha dato la vita ci farà anche perseverare sino alla fine, in modo che viviamo in eterno” (Comm. al salmo 65,15). “Finché dunque siamo qui in terra, preghiamo Dio affinché non rimuova da noi la nostra preghiera né la sua misericordia: cioè, affinché con perseveranza noi preghiamo e con perseveranza egli abbia misericordia di noi” (Comm. al salmo 65,24).