Giubileo dei giovani: cento ragazzi a Roma con “Shine to Share” per raccontare la fede in chiave digitale

Momento conclusivo del percorso dei content creators, promosso dalla Cei, la partecipazione al Giubileo. Hanno vissuto momenti di formazione, spiritualità e creatività per diventare missionari digitali e testimoni autentici del Vangelo online

I giovani content creators di Shine to Share (Foto Sir)

“Non importa il numero di like, ma far sperimentare l’amore di Dio a chi ne ha più bisogno”. Le parole di Marco, studente di Teologia di Trani, riassumono lo spirito che ha animato i cento ragazzi protagonisti del progetto “Shine to Share”, riuniti a Roma in occasione del Giubileo. L’iniziativa è stata promossa dalla Chiesa cattolica, attraverso il Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile e il Servizio per la promozione del sostegno economico della CEI, con la direzione didattica dell’Università Cattolica. Dopo mesi di formazione e creatività, i ragazzi si sono incontrati nella Capitale per condividere esperienze, riflessioni e il senso di un impegno: essere “missionari digitali”, testimoni credibili del Vangelo nel mondo online.

Il percorso, iniziato con un contest lanciato lo scorso anno, ha portato i partecipanti a sviluppare narrazioni innovative della fede cattolica attraverso i social, i video, i podcast. Ma più che una sfida di contenuti, è stato un cammino spirituale e umano, vissuto insieme, come ricorda Matteo, studente di Giurisprudenza della provincia di Foggia: “Sono arrivato con mille domande e mi sono sentito accolto. Nessuno è stato giudicato, selezionato per titoli: contava la bontà del cuore”.

I giovani hanno vissuto giornate intense di confronto, preghiera e formazione, culminate in un incontro a sorpresa con Leone XIV, che ha voluto salutare i partecipanti come un padre tra i suoi figli. “Anche per il frastuono che abbiamo portato in Basilica!”, sorride Matteo. “Il Papa ci ha accolto con tenerezza, senza rimproveri, spronandoci a essere testimoni di pace in una società distante dai bisogni degli altri”. Un’esperienza che ha suscitato nei giovani “la voglia di rimettermi in ascolto verso l’altro con tanta umiltà, senza giudizio”. “Facendo sentire l’altro parte di una grande famiglia”.
Matteo sa che “nei canali digitali convergono gli sguardi di molti giovani che hanno difficoltà a vivere la fede”. Per questo motivo, crede che abbiano bisogno di “una comunicazione fatta da coetanei che portino una testimonianza”. “Questo lo si può frare attraverso i social media, frequentati dai nostri coetanei. E con contenuti in cui ci si mette alla pari, senza indottrinare. Dobbiamo essere testimoni, in maniera genuina, di luce. Perché l’altro possa sentirsi attratto dalla nostra vita. Senza nulla di preconfezionato, perché questo lo allontanerebbe dal messaggio di Cristo che è accoglienza verso tutti”.

Al centro delle giornate romane anche tre parole chiave donate dal card. José Cobo Cano, arcivescovo di Madrid: pace, accoglienza, Chiesa. Termini che si sono intrecciati con i volti, le storie e le speranze di questi giovani, come quella di Marco, che testimonia il Vangelo nella sua parrocchia, all’università e nei reel che pubblica: “La nostra missione è dare voce a chi non ha voce – dice Marco -. La tecnologia ci aiuta a raggiungere chi è lontano, a far sentire che la Chiesa è viva e che ci sono giovani desiderosi di sperimentarne la bellezza”.

Nelle parole di Massimo Monzio Compagnoni, responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico della Cei, il progetto “Shine to Share” “è solo l’inizio di un percorso,  che porti i nostri ragazzi a sviluppare una capacità innovativa di racconto della fede e della Chiesa cattolica”. “L’auspicio è che questi cento ragazzi diventino un polo di attrazione per altri giovani testimoni appassionati della Chiesa”. Una Chiesa che, grazie anche al linguaggio digitale, sa parlare ai cuori, con empatia e autenticità.

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