Il mondo a Roma per un ultimo incontro con Francesco

Piazza San Pietro oggi sembra trattenere il respiro del mondo. Il cielo incerto di aprile sopra la cupola di Michelangelo osserva silenzioso l’umanità che si sta radunando ai piedi della Basilica, in un abbraccio che supera confini, lingue e religioni. La folla è un fiume lento e composto: ci sono anziani con il bastone, bambini sulle spalle dei genitori, suore venute dall’America Latina, giovani con zaini polverosi e bandiere annodate al collo. Camminando tra loro ne avviciniamo qualcuno.

(Foto Calvarese/SIR)

Piazza San Pietro oggi sembra trattenere il respiro del mondo. Il cielo incerto di aprile sopra la cupola di Michelangelo osserva silenzioso l’umanità che si sta radunando ai piedi della Basilica, in un abbraccio che supera confini, lingue e religioni. La folla è un fiume lento e composto: ci sono anziani con il bastone, bambini sulle spalle dei genitori, suore venute dall’America Latina, giovani con zaini polverosi e bandiere annodate al collo. Volti stanchi, mani strette attorno a crocifissi e rosari, cappelli di paglia per proteggersi dal sole e silenzi più eloquenti di qualsiasi preghiera. È il popolo del mondo, giunto a Roma per un ultimo incontro con Papa Francesco. Tra loro anche tanti turisti increduli di essere testimoni della storia. I volontari della Protezione civile distribuiscono acqua e indicazioni, mentre la Polizia gestisce il flusso che si snoda ordinatamente fino all’ingresso della Basilica. Camminando tra loro ne avviciniamo qualcuno.

(Foto Calvarese/SIR)

I primi che si fermano a parlare con noi sono Simeone, Camilla, Livia e Sara, un gruppo di giovani provenienti da un oratorio di Frascati. Con loro, la stessa determinazione e la stessa gratitudine che animano molti di coloro che sono accorsi a Roma per salutare Papa Francesco. “Siamo sempre stati molto vicini al Papa e oggi ci sembrava doveroso venirlo a salutare”, racconta Simeone. È un legame che va oltre la distanza fisica, quello che li unisce al Pontefice: “Ricordiamo ancora quando, tempo fa, ci salutò all’Angelus, i ‘ragazzi di Capocroce’”. Un momento che ancora oggi custodiscono con affetto.

(Foto Calvarese/SIR)

Proseguendo per le vie adiacenti alla Basilica ci ferma un gruppo di allevatori di cavalli dalla Sardegna, incuriosito dalla fotocamera. “Abbiamo accompagnato un nostro amico parroco”, raccontano esprimendo la loro ammirazione per la fede e la carità del Papa. “Nasci nudo e muori nudo” si dice dalle nostre parti e il Papa in questo senso ci ha insegnato l’importanza della povertà e della donazione. Con loro anche Jamel, musulmano proveniente dall’Algeria, che aggiunge:

“Anche se non sono cristiano ho voluto fortemente venire a Roma. È stato un grande Papa, sempre attento agli ultimi”.

A pochi passi da loro un gruppo di siciliani appena arrivati a Roma. “Siamo venuti da Villarosa in provincia di Enna, per rendere omaggio a un grande uomo”, racconta Rosalia. “Il Santo Padre è stato sempre nel nostro cuore, un grande vescovo prossimo agli ultimi. Pochi come lui sono stati così semplici”. Le fa eco Lina:

“Ripeteva spesso ‘Siamo tutti fratelli'”.

Alberto, il più giovane, confessa di aver prenotato il viaggio a Roma per assistere alla canonizzazione di Carlo Acutis, ma ci offre comunque un ricordo del Papa: “È stato un esempio di umiltà, frugalità e integrazione. Sempre pronto ad ascoltare i più deboli. Anche nei suoi ultimi giorni di vita ha dato tutto per i fedeli. È un onore essere qui”.

(Foto Calvarese/SIR)

“Stiamo aspettando questa sera per cercare di entrare in Basilica e rendere omaggio al Santo Padre”, raccontano invece Anna, Alessandro e Annarita, provenienti dal Salento. “Siamo venuti a Roma qualche giorno fa per coronare il nostro sogno: vederlo domenica in piazza San Pietro, ma purtroppo non sarà possibile.” Luigi, che ha raggiunto il gruppo da Zurigo, commenta: “Sarà comunque un privilegio essere qui per dare l’ultimo saluto a una guida per tutti noi.”

(Foto Calvarese/SIR)

“Siamo a Roma per un viaggio già organizzato, ma data l’occasione ci siamo sentiti in dovere di venire a rendere omaggio al Papa”. Riccardo e Nicolò, arrivati da Brescia con genitori e amici, sono giovanissimi. Riccardo, troppo piccolo per ricordare il Papa, ascolta in silenzio. Nicolò, invece, ha impresso nella mente “il volto di un anziano sorridente”, che “ha sempre messo tutti sullo stesso livello, senza distinzioni, predicando il giusto e dedicando la sua vita a Dio”.

(Foto Calvarese/SIR)

Gruppi di fedeli da ogni parte del mondo continuano ad arrivare e a riempire le strade del centro di Roma. Andando via incrociamo alcuni appartenenti alla Missione Belém, il movimento religioso internazionale con 170 case di accoglienza in Brasile nelle quali accoglie bambini soli, anziani, ammalati, persone che vivono sulla strada, schiave dell’alcool e della droga. Sono in cinque: Fabio, James, Giorgio, Maria Vittoria, Renato e Riccardino. Arrivano dalla Calabria, Verona e con loro persino un “brasiliano di Venezia”. Ci fermiamo qualche minuto ad ascoltarli.

“Papa Francesco è stato un pastore che ha dato la vita per il suo gregge, fino alla fine e senza riserve”, confessano commossi.

“Si è speso con ogni forza per i più deboli e per noi, che siamo in missione a Roma, è stato un esempio che ci ha ispirato nel nostro lavoro. Ci ha mostrato cosa significa essere davvero accanto a chi è in strada o vive situazioni di dipendenza: come ascoltarli, accoglierli, camminare con loro verso una nuova vita. Entreremo in Basilica per chiedere al Papa la sua intercessione dal cielo, affinché ci aiuti nella nostra missione e in quella di tutti”.

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