Pace a voi! Ora come allora: a porte chiuse

In quel tempo, a porte chiuse, irruppe l’ora nella storia: «Pace a voi!» (Gv 20,19.21.26). Fu il saluto del Risorto che, con la stessa dirompenza, giunge anche in questo tempo, in quest’ora nuova. In quell’ora tutto è racchiuso: è il passato che si fa presente e che si eternizza nel futuro. Dopo giorni di smarrimento dall’ora – quella della glorificazione sulla Croce –, gli “intimoriti discepoli” trovarono la pace: era il Risorto stesso la loro pace! Veniva, anche se le loro porte erano chiuse. Chiuse dall’orgoglio, dall’incredulità, da ogni forma di peccato. Chiuse, forse, dalla chiusura dei loro stessi cuori. Ma Egli venne.

Foto Calvarese/SIR

In quel tempo, a porte chiuse, irruppe l’ora nella storia: «Pace a voi!» (Gv 20,19.21.26).
Fu il saluto del Risorto che, con la stessa dirompenza, giunge anche in questo tempo, in quest’ora nuova.
In quell’ora tutto è racchiuso: è il passato che si fa presente e che si eternizza nel futuro.
Dopo giorni di smarrimento dall’ora ¬– quella della glorificazione sulla Croce –, gli “intimoriti discepoli” trovarono la pace: era il Risorto stesso la loro pace! Veniva, anche se le loro porte erano chiuse. Chiuse dall’orgoglio, dall’incredulità, da ogni forma di peccato. Chiuse, forse, dalla chiusura dei loro stessi cuori. Ma Egli venne.
Quella sera, le porte della pace erano chiuse. Non era la prima volta che il Signore bussava al buio della loro storia personale, al buio dei loro cuori, al buio del loro intimo più profondo: più e più volte aveva già trovato chiuse, se non sbarrate, le porte, per portare Se stesso, la pace vera. Ma Egli venne.
Così, oggi, in questa nuova ora, in cui le porte del mondo sono sempre più chiuse in se stesse, dagli egoismi, dalle indifferenze, dal predominio, dalle prepotenze, dalla solitudine: Egli continua a venire, perché la storia non è stata ancora “maestra di vita” per molti. Come duemila anni fa, così viene ancora oggi, in questo tempo, in cui i cuori invocano il dono della pace.
Quei discepoli, duemila anni fa, avevano bisogno della pace per uscire dalla pigrizia dei loro cuori. Oggi, i popoli hanno bisogno della pace per fuggire dai rancori delle nostre menti e dei nostri cuori.
Le immagini che quotidianamente sopraggiungono dagli scenari di guerra narrano storie di speranza alla ricerca di una luce che illumini il buio. Come fa quella in fondo ad un tunnel. Eppure, ci stavamo illudendo di intravederla, dopo due anni di lotta alla pandemia da Covid-19. In un nulla, siamo passati da uno stato di emergenza – quello sanitario – all’altro – quello bellico –, con una facilità tale da non riuscire a prendere coscienza di quale fosse la linea di confine. Quel confine agognato dalle tante popolazioni in fuga da terre che sanno di sacrificio patrio e di sangue. Siamo passati dalle suppliche al Signore Risorto per la fine della pandemia (27 marzo 2020) a quelle per la pace in Ucraina, in Russia e nel mondo (25 marzo 2022), chiedendoGli di venire ancora, di incontrare ed abbracciare le nostre pochezze, consapevoli che il Risorto non si stanca di venire.
E viene ancora in questa nuova Pasqua, a porte chiuse, mentre il mondo è talmente preso dalla propria egolatria da diventare sordo di fronte a Chi “sta alla porta e bussa” (cfr. Ap 3,10) per donare la pace. La pace autentica, ben lontana dall’effimero e temporaneo sentimentalismo: quella che non si sbandiera al vento e non si porta a sfilare per le strade delle nostre calme cittadine, se non ha animato prima le azioni dei nostri cuori. Quella che non si gonfia di orgoglio, né di superiorità: che non si traduce in un atto estemporaneo di accoglienza o di solidarietà di facciata, talmente sterile da assecondare le sole logiche della “rincorsa al più bravo”.
La pace del Risorto è quella portata da chi sa farsi prossimo nel cammino, nella lealtà e nella felicità dei giorni, con la perseveranza dei buoni compagni: a Sua immagine, come sulla via di Emmaus, pronto a spezzarsi per chiunque, condividendone le gioie e i dolori, le attese e le speranze – cum panis, condividendo proprio lo stesso pane, il proprio essere –.
La pace del Risorto è quella che sa di luce e non di buio. Di amore e non di odio. Di gioia e non di solitudine dei cuori.
È quella che «nasce dall’incontro fiducioso dell’uomo con Dio» (Benedetto XVI), pronto ad essere accolto come «luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9).