Coronavirus Covid 19: Hölvényi (Ppe), in Africa “le comunità religiose sono le più attive nel far fronte a difficoltà imposte dalla pandemia”. I casi di Kenya e Ghana “Se non capiamo l’approccio dell’Africa nel contrastare la pandemia Covid-19 non riusciremo ad aiutare efficacemente”, ha spiegato l’eurodeputato György Hölvényi (Ppe) aprendo il webinar che si è svolto oggi su iniziativa del gruppo di lavoro sul dialogo interculturale e interreligioso del Partito popolare europeo, attorno al tema “Ruolo delle comunità religiose nella lotta agli effetti del Covid nel mondo in via di sviluppo”. Secondo Hölvényi sono queste realtà le più attive nel far fronte alle difficoltà imposte dalla pandemia e quindi l’Unione europea deve mettersi in dialogo con loro”. Ad intervenire ai lavori sono stati l’arcivescovo Anthony Muheria, vescovo di Nyeri (Kenya), e il vescovo Alfred Agyenta, vescovo di Navrongo-Bolgatanga (Ghana) che hanno illustrato la situazione dei loro Paesi in questo momento. Se la situazione dei contagi non è così drammatica come in altre parti del mondo (in Ghana 45mila contagi e 283 decessi dall’inizio della pandemia, e in Kenia 35mila contagi e 600 decessi), grande è la desolazione economica e sociale che il lockdown ha generato, su una situazione di partenza già estremamente fragile. In Kenya “gli effetti economici saranno duraturi” (con 1.7 milioni di nuovi disoccupati su 20 milioni di lavoratori), come anche gli “effetti umani” (con recrudescenze di povertà, depressione, violenza domestica e non sono). In Ghana si sono registrate anche discriminazioni e marginalizzazione di coloro che hanno contagiato il virus. In entrambi i Paesi la chiusura delle scuole ha avuto ripercussioni a molti livelli (insegnanti che hanno perso il salario, ragazzi e ragazze che non ritorneranno a scuola per far fronte alle necessità economiche delle famiglie…). Le comunità religiose sono un “faro di speranza e sono state le prime a rispondere alla pandemia”, sul piano spirituale ed umanitario. Oltre all’uso dei canali televisivi e social per incoraggiare e dare speranza, in Kenya la Chiesa cattolica ha rafforzato i servizi di distribuzione di aiuti alimentari e ha attivato il call center “buon pastore” per chi ha bisogno di aiuto perché vittima della depressione o della violenza domestica. Le comunità hanno attivato una “pastorale di strada”, andando a visitare le persone per “incoraggiare alla carità e al senso di cura”. In Ghana la Conferenza episcopale ha attivato un fondo da 1,2 milioni di dollari per aiuti umanitari, mentre le Caritas si sono mobilitate per aiutare i giovani disoccupati a riqualificarsi. Si lavora con le istituzioni per tutelare i più poveri e perché nella distribuzione degli aiuti “non si ceda alla corruzione e al nepotismo”.Sarah Numico