Sostegno a chi lavora per uscire dalla crisi Di ritorno dalle vacanze, ho avuto due illuminanti chiacchierate con commercianti che operano in provincia di Pavia. Le definisco “illuminanti”, perché aiutano a comprendere la situazione economica del nostro territorio nell’attuale crisi legata all’emergenza sanitaria. Il titolare di una cartolibreria, più che mai impegnato in queste settimane a consegnare i libri scolastici alle famiglie (una delle poche certezze, in attesa della riapertura delle scuole), mi ha raccontato la crescente difficoltà negli ultimi anni a farsi pagare dagli enti pubblici (nella scuola elementare i libri sono gratuiti, presentando la cedola fornita dal Comune di residenza): “Nello scorso anno scolastico, alcune Amministrazioni mi hanno pagato a febbraio o marzo. Per altre ho dovuto attendere sino a giugno”. Il proprietario di un bar, che offre piatti (dalla colazione al pranzo) tutti a base di prodotti a “chilometro zero” delle nostre campagne, mi ha confessato tutte le sue ansie per il destino dei dipendenti: “I più volte annunciati aiuti dello Stato si sono visti con il contagocce. Buona parte del mio personale è ancora in cassa integrazione: una volta concluso questo periodo, non so se riuscirò a riportarli al lavoro”. Testimonianze significative, e purtroppo molto preoccupanti, della condizione in cui devono tirare avanti tanti commercianti e piccoli imprenditori di Pavia e provincia, così come nel resto d’Italia. E’ stato giusto, nei mesi più drammatici della pandemia, attuare il blocco dei licenziamenti e aiutare famiglie e persone in difficoltà. Ma non si può andare avanti all’infinito con una politica di soli sussidi. Va sostenuto concretamente il lavoro, a partire da quello garantito dalle aziende di minori dimensioni che rappresentano la gran parte delle imprese italiane. Solo così potremo pensare di uscire dalla crisi. (*) direttore "Il Ticino" (Pavia)Alessandro Repossi (*)