Coronavirus in Brasile: p. Bernardi (Arsenale Sermig San Paolo), “nessun ospite è stato contagiato. Ma i poveri non sanno più che fare, aumentano le richieste” “A volte ci chiediamo come sia potuto succedere, anche se certamente stiamo applicando in modo rigoroso tutte le procedure di pulizia e igiene”. Un piccolo “miracolo”, quello descritto al Sir da padre Simone Bernardi, torinese, in missione all’Arsenale del Sermig di San Paolo: “Nessun nostro ospite e nessuno di noi ha registrato contagi o gravi problemi di salute”, durante una convivenza di oltre mille persone durata per 96 giorni. Così. Infatti, all’Arsenale si è vissuta la quarantena. “Poi, con l’inizio dell’inverno, necessariamente abbiamo dovuto aprire le nostre porte, qualcuno se n’è andato ed è arrivata gente nuova. Ora siamo qui, non viviamo più rigidamente in quarantena, ma la nostra ospitalità continua, anche se siamo in una situazione particolare. Abbiamo dovuto sospendere i nostri corsi professionali, per esempio per imparare a diventare panettieri o muratori. Sono ferme le collaborazioni con università, scuole, associazioni di volontariato. Riusciamo a garantire cibo, alloggio, assistenza sanitaria. Il nostro è un ‘porto’, per tante persone che in questi anni sono arrivate a San Paolo del Brasile”. La metropoli, infatti, è un riferimento per tutto l’immenso Paese: “Tanti arrivano qui tentando il tutto per tutto, sperano avere un lavoro, di trovare prospettive. Ora, però, tutto è cambiato. Sono stato all’aeroporto internazionale di Guarulhos, uno dei più grandi del mondo e ho visto una desolazione incredibile, era tutto vuoto. Questa città è sempre stata il ‘motore’ di tutto il continente”. Insomma, “le prospettive non sono belle. Assistiamo a continue lotte politiche, a fondamentalismi che si controbattono, e a farne le spese sono i più poveri. Chi viveva in strada ora non sa più che fare, sono scomparsi i lavori informali, coloro che raccoglievano le lattine o facevano i ‘buttadentro’ nei locali. Noi seguiamo anche due parrocchie e cerchiamo di aiutare le famiglie, con gli alimenti, con quella che qui viene chiamata ‘cesta basica’. E le richieste aumentano”. Bruno Desidera