Lavoro: Inapp, salari reali pressoché invariati da trent’anni. Occupati sempre più anziani, si fa strada il fenomeno dimissioni Tra il 1991 e il 2022 i salari reali sono rimasti pressoché invariati, con una crescita dell’1%, a differenza dei Paesi dell’area Ocse dove sono cresciuti in media del 32,5%. In particolare, nel solo 2020 (terzo nell’anno della pandemia da Covid-19) si è registrato un calo dei salari in termini reali del -4,8%. In quest’anno si è registrata anche la differenza più ampia con la crescita dell’area Ocse con un -33,6%. Accanto a questo problema si è sviluppato anche quello della scarsa produttività: a partire dalla seconda metà degli anni Novanta la crescita della produttività è stata di gran lunga inferiore rispetto ai Paesi del G7, segnando un divario massimo nel 2021 pari al 25,5%. È quanto si legge nel Rapporto Inapp 2023, presentato questa mattina a Montecitorio dal presidente dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, Sebastiano Fadda. Altri dati mettono in evidenza come il numero di assunzioni nel 2022 sia peggiorato rispetto al 2021: 414mila nuove attivazioni nette l’anno scorso a fronte di 713mila dell’anno precedente. A questo si aggiunge l’invecchiamento della popolazione e della forza lavoro: ogni 1.000 lavoratori di 19-39 anni ci sono ben 1.900 lavoratori adulti-anziani. Il settore che di gran lunga ha i lavoratori più anziani è quello della pubblica amministrazione (3,9 lavoratori anziani ogni lavoratore giovane), seguito dal settore finanziario e assicurativo. Anche l’Italia è interessata dal fenomeno delle dimissioni: si stima che il 14,6% degli occupati tra i 18 e i 74 anni (oltre 3,3 milioni di persone) abbia pensato di dimettersi. Tale quota è composta da un 1,1% che lo farebbe anche se ci fosse una riduzione del tenore di vita e da un 13,5% che farebbe questa scelta solo se trovasse altre entrate economiche. L’Inapp ha poi rilevato che “le agevolazioni per le assunzioni non funzionano” e che le donne risultano sempre le più penalizzate (al femminile solo il 40,9% delle assunzioni agevolate). Infine, se da un lato “l’apprendistato va rivitalizzato” serve proseguire l’investimento sulla formazione continua, rispetto alla quale “si confermano i bassi livelli di partecipazione degli individui” (nel 2022 ha riguardato solo il 9,6% dei 25-64enni). Si è registrato un avanzamento consistente rispetto al 2020 (+2,4%), ma si è ancora lontani dalla media europea (11,9%).Alberto Baviera