Diocesi: Otranto, mons. Neri arcivescovo eletto. “Chiedo al Signore di poter seminare un’offerta di paternità e fraternità” “Mi rivolgo a voi per la prima volta come vescovo eletto con il saluto di san Francesco: ‘Il Signore vi dia pace!’”. Inizia così mons. Francesco Neri, nominato oggi da Papa Francesco arcivescovo di Otranto, il suo messaggio alla diocesi di cui sarà pastore. Oltre alla gratitudine espressa al Papa e al saluto affettuoso al suo predecessore, mons. Donato Negro, mons. Neri ha voluto ricordare, “tra i figli dell’arcidiocesi idruntina che ho conosciuto”, “in modo speciale due figure per me importanti, entrambi cappuccini. L’una è quella, ben nota, di mons. Benigno Papa, nato a Spongano, il quale ha concluso la sua esistenza terrena pochi giorni fa, il 6 marzo, ed ha costituito una grande ricchezza per la Chiesa italiana. L’altra figura, meno nota ma per me non meno significativa, è quella di fra Luigi De Donno, di Maglie, mio compagno di formazione teologica, scomparso prematuramente nel 1991, la cui testimonianza continua a brillare nel ricordo di quanti lo hanno visto camminare sul sentiero della luce”. Poi ha ricordato tre figure episcopali, alle quali è “debitore”: “Mi riferisco a padre Benigno Papa, arcivescovo di Taranto, appena citato, il quale mi ha ordinato diacono, e mi ha testimoniato l’amore alla Parola di Dio, accolta, studiata, pregata, annunciata. Sono inoltre legatissimo al benedettino padre Mariano Magrassi, arcivescovo di Bari-Bitonto, il quale mi ha ordinato presbitero e mi ha attratto alla Liturgia come spazio in cui si incontrano realmente la Terra e il Cielo. Guardo ancora al venerabile don Tonino Bello, vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, che ha ordinato sacerdote mio fratello Antonio Neri e mi ha insegnato che la ‘basilica maggiore’ ove il Signore abita e in cui occorre onorarlo, sono i poveri e i sofferenti”. Un grazie all’Ordine dei Frati minori cappuccini, la famiglia religiosa con cui ha condiviso “circa quarant’anni di vita cristiana”: “Mi sarà difficile staccarmi dalla loro quotidianità, ma continuerò a condividerne il carisma e lo stile della fraternità evangelica. Per questo, desidererei continuare ad essere chiamato come è stato fino ad oggi, semplicemente ‘padre Francesco’. Ciò infatti chiedo al Signore di poter seminare: un’offerta di paternità e fraternità”. “Quando il nunzio apostolico, mons. Emil Paul Tscherrig, mi ha comunicato la responsabilità affidatami da Papa Francesco, ho fatto l’esperienza di essere nuovamente guardato dall’amore del Signore, e chiamato a rispondere ancora più a fondo col dono totale di me – confida l’arcivescovo eletto –. Mi sono consigliato con il mio padre spirituale, e questi, come già in altre circostanze precedenti in cui avevo fatto ricorso al suo discernimento, mi ha ricordato la regola perenne concernente gli uffici nella Chiesa: ‘Non cercare nulla, non rifiutare nulla’. Cercando poi luce nella preghiera e nel Vangelo, mi si è presentata la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Mi sono sentito come il ragazzo, che disponeva appena di cinque pani e due pesci (Gv 6, 9). Questi erano di certo insufficienti per la folla radunatasi ad ascoltare Gesù, e tuttavia il Signore chiede che quel poco gli venga egualmente portato. Il ragazzo offre interamente ciò di cui dispone, e poi le mani del Signore producono la moltiplicazione. Così, metto tutta la mia persona di povero peccatore nelle mani di Gesù, certo che poi il Signore stesso compirà la sua opera”. Infine, chiede preghiere “affinché tutti insieme ci apriamo all’azione dello Spirito Santo, il quale costruisce la comunione tra noi e ci spinge ad annunciare il Vangelo ad ogni creatura”.Gigliola Alfaro