Minori: Moige-Piepoli, “con lockdown aumentati del 10% gli episodi di bullismo e cyberbullismo” “Il 22% dei minori supera le 5 ore al giorno connesso, il 63% si collega ad internet senza alcuna supervisione (nel 2021 era il 59%)”. Questo è quanto è emerso oggi nel corso dell’evento di presentazione a Roma, a Palazzo Giustiniani, dei dati dell’indagine “Tra digitale e cyber risk: rischi e opportunità del web”, realizzata dal Moige in collaborazione con l’Istituto Piepoli, che ha analizzato il rapporto dei minori con il web e i vari device intervistando 1.144 minori dai 6 ai 18 anni. Aumentano, come rivela l’indagine, “gli episodi di bullismo e cyberbullismo. I minori vittime di prepotenze nella vita reale o che le abbiano subite qualche volta sono il 54%, contro il 44% del 2020. Un incremento significativo, di ben 10 punti. Per quanto riguarda il cyberbullismo, il 31% dei minori ne è stato vittima almeno una volta, contro il 23% del 2020”. Il fenomeno sembra interessare più i ragazzi delle ragazze sia nella vita reale (il 57% dei maschi è stato vittima di prepotenze, contro il 50% delle femmine) sia in quella virtuale (32% contro 29%). “Nel 42% si tratta di offese verbali, ma sono frequenti anche violenze fisiche (26%) e psicologiche (26%)”, si legge nell’indagine. Nel caso del cyberbullismo, invece, “il 14% ha subito scherzi o telefonate mute, l’11% ha ricevuto insulti tramite messaggi istantanei, il 10% tramite sms, il 3% tramite foto o video e, addirittura, il 2% ha ricevuto minacce. In queste circostanze, il sentimento più diffuso è la solitudine e il sentirsi isolato (28%), seguito dalla rabbia (27%) e dalla paura (25%)”. Non solo: “Il 34% dei minori che hanno partecipato allo studio conosce qualcuno che è stato vittima di prepotenze (nel 2020 erano il 29%). Il 10% (+3%) ammette di aver preso parte ad episodi di prepotenza, il 6% ha usato foto o video per offendere altre persone. Il 53% (+15% rispetto al 2020) dice di prendere abitualmente in giro uno o più amici, ma che lui/loro sanno che lo fa per scherzare”. E ancora: “Il 52% è pienamente consapevole dei reati che commette se intraprende un’azione di bullismo usando internet o lo smartphone, il 14% lo è abbastanza, ma questo non sembra un deterrente. Un 26%, invece, dichiara di non saperne nulla della gravità del reato”. Intervistati, con risposte multiple, sui motivi che spingono ad avere comportamenti di prepotenza o di bullismo nei confronti degli altri, il 54% indica il body shaming. Mentre tra i motivi che spingono i bulli ad agire in questo modo, il 50% afferma che così dimostra di essere più forte degli altri, il 47% si diverte a mettere in ridicolo gli altri, per il 37% il bullo si comporta in questo modo perché gli piace che gli altri lo temano. Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a queste situazioni, solo il 34% risponde “aiutano la vittima”, un dato che nel 2020 era il 44%. Migliora, invece, la percentuale degli insegnanti che, rendendosi conto di quanto accaduto, intervengono prontamente (46% contro il 40% del 2020). Un 7%, però, dichiara che i docenti, sebbene si rendano conto di quanto succede, non fanno nulla per fermare le prepotenze. Gigliola Alfaro