Benedetto XVI: mettersi davanti a Dio Le notizie e i fatti concreti vengono a colpire la comunità monastica con vigore pregnante e la reazione, pur sempre radicata nella fede orante, non manca di essere attraversata da interrogativi e talvolta anche da inquietudini. I discorsi, le prese di posizione, i gesti concreti del Pastore della chiesa, a maggior ragione, vengono accolti, soppesati e sottoposti al… setaccio. Quando poi ci si trova dinnanzi ad un teologo del valore di Joseph Ratzinger la presa vuole essere diretta e senza ombre. La mente lucida e assolutamente rigorosa nella preparazione teologica proponeva solo teorie teologiche, assiomi filosofici oppure attraverso il lavoro della ricerca della fede riflessa puntava più in là e conduceva ad attingere e gustare la verità e la Verità? Ebbe a scrivere: gli autentici progressi della cristologia che non possono mai provenire da una pura teologia di scuola, e nemmeno da una moderna teologia di scuola, così come si presenta nell’esegesi critica, nella storia del dogma, nell’antropologia orientata alle scienze umane, e così via. Tutto questo è importante, tanto importante quanto lo è la scuola. Fin qui il ricercatore, il docente ma la seguente asserzione è di importanza capitale e segna la svolta: Ma non basta: vi si deve aggiungere la teologia dei santi, che è teologia che nasce dall’esperienza. Tutti i reali progressi nella conoscenza teologica hanno la loro origine nell’occhio dell’amore e nella sua capacità visiva. Nel cammino arduo di vita personale e comunitaria rischiamo di credere di procedere al buio e quindi siamo tentati di afferrare qualsiasi appiglio si trovi alla nostra portata. In un’intervista nel 2016 Benedetto XVI affermò: Naturalmente avevo a cuore di portare a compimento l’anno della fede e di scrivere l’enciclica sulla fede che doveva concludere il percorso iniziato con Deus caritas est. Come dice Dante, l’amor che move il sole e l’altre stelle, ci spinge, ci conduce alla presenza di Dio che ci dona speranza e futuro. In una situazione di crisi, l’atteggiamento migliore è quello di mettersi davanti a Dio con il desiderio di ritrovare la fede per poter proseguire nel cammino della vita. Da parte sua il Signore è ben lieto di accogliere il nostro desiderio, di donarci la luce che ci guida nel pellegrinaggio della vita. È l’esperienza dei santi, di san Giovanni della Croce o di santa Teresa del Bambino Gesù.Ecco svelata la sua profonda postura: “mettersi davanti a Dio”, da qui sgorga la luce, altrimenti lasciati alla nostra sola ragione (o sragione) ci intorbidiamo l’esistenza. La centratura assoluta poggia sulla Roccia, su Gesù Cristo: Gesù ha trasformato l’antico popolo di Dio nel nuovo popolo, accogliendo i credenti in lui nella comunità che è Egli stesso (il suo corpo). Ha fatto questo trasformando la sua morte in atto di preghiera, in un atto d’amore, rendendosi così comunicabile. Possiamo esprimerlo anche nel modo seguente: con il suo annuncio e con tutta la sua persona Gesù è entrato nel soggetto già esistente della tradizione, il popolo di Dio, Israele, e in tal modo ha reso possibile la condivisione dell’atto più intimo del suo essere: il dialogo col Padre... Se le cose stanno così, allora l’essere con Gesù e la conoscenza di Gesù, che ne deriva, presuppongono la comunicazione all’interno del soggetto vivo della tradizione, a cui tutto è legato: la comunicazione con la Chiesa. La sintesi è lineare e non si sofferma ma prosegue: dal grande dono dell’Incarnazione del Figlio nel popolo d’Israele fino a schiuderci quanto mai avremmo potuto con la nostra mente, per quando indagatrice e perspicace, immaginare: l’essere di Gesù ci viene donato e anche noi, creature terrigne, possiamo lasciarci catturare a affascinare dal dialogo con il Padre. Ecco il segreto della vita di Joseph Ratzinger Benedetto XVI: respirare nel dialogo di Amore trinitario senza per questo dismettere la razionalità della ricerca teologica. Questo lessi nel Suo sguardo “occhi d’amore”, quando ebbi il dono di incontrarlo.Cristiana Dobner