Sobrietà ed energie rinnovabili Il rincaro del costo dell’energia, che si sta palesando solo da qualche settimana, sta prendendo un po’ tutti alla sprovvista: i singoli cittadini e le imprese, come pure le amministrazioni comunali e le parrocchie. Nessuno se lo aspettava, soprattutto in questi termini e soprattutto ora, quando dopo due anni di pandemia si pensava di intravvedere la fine di un lungo periodo difficile. La situazione si sta facendo ancora più complessa anche a motivo di quanto sta accadendo sul confine tra Ucraina e Russia: una nuova emergenza dalle conseguenze imprevedibili, il cui primo effetto saranno le sanzioni economiche degli Usa e dell’Unione europea contro Putin (che però, in un gioco di ritorsioni e contro-ritorsioni, andranno a colpire anche gli interessi dei Paesi europei, compresi ovviamente quelli dell’Italia). Ci scopriamo, una volta di più, un Paese esposto alle alterne vicende della storia, senza una politica energetica seria e in balìa delle crisi delle altre nazioni. Ancora una volta, a pagarne le conseguenze sarà il paese reale, soprattutto le fasce meno garantite, che dovranno far fronte con le proprie risorse – quelle rimaste – all’attuale e futuro aggravio dei costi. Dinanzi alle misure pensate da alcune amministrazioni comunali, che hanno previsto – ad esempio – la riduzione dell’illuminazione pubblica, credo non ci sia da gridare allo scandalo. Fatto salvo l’impegno a garantire la sicurezza pubblica, che va assicurata in modo prioritario, si tratta di provvedimenti sostanzialmente dettati dal buon senso: così farebbe anche un padre di famiglia, che in una situazione di emergenza rivede le priorità e gestisce con maggiore oculatezza le risorse disponibili. In un momento in cui il costo dell’energia elettrica è praticamente raddoppiato, può avere qualche utilità – anche se certamente non è un provvedimento risolutivo – ridurre all’essenziale il consumo dell’energia elettrica. Lo stanno facendo alcune amministrazioni comunali, come pure anche alcune parrocchie: chi limita al minimo indispensabile il consumo della corrente elettrica e chi quello del riscaldamento utilizzando, per le celebrazioni e gli incontri, le sedi meno dispersive (sacrestia, aule più contenute...). Forse in tutta questa vicenda – che non sappiamo ancora quanto durerà e quali effetti lascerà – c’è almeno un aspetto positivo: nelle nostre comunità, abbiamo parlato tante volte della necessità di un uso più oculato dell’energia e di "nuovi stili di vita" improntati alla sobrietà. Proprio questi temi sono stati al centro dei lavori della Settimana Sociale della Chiesa italiana che si è celebrata a Taranto nell'ottobre scorso ed alla quale ha partecipato anche una nostra delegazione. I lavori si sono conclusi con quattro fondamentali indicazioni per la Chiesa italiana: costruire delle "comunità energetiche"; diventare una società "carbon free" e votare col portafoglio per premiare le aziende capaci di intrecciare valore economico, dignità del lavoro e sostenibilità ambientale; promuovere e utilizzare prodotti "caporalato free"; creare alleanze intergenerazionali e con la società civile. Detto in breve, si tratta di pensare ad un sistema di approvvigionamento energetico che provenga da fonti rinnovabili (soprattutto dall’energia solare). E poi c'è anche tutto il discorso della necessità di un aggiornamento, in chiave di risparmio energetico, degli impianti di illuminazione e di riscaldamento – anche delle chiese e delle strutture parrocchiali – spesso molto vecchie e dispendiose. Se è vero che per realizzare impianti da energie rinnovabili o per rivedere in chiave di risparmio energetico quelli esistenti ci vorrebbero forti investimenti che, in molti casi, le nostre comunità non sono in grado di fare, cominciare almeno a pensarci in modo serio sarebbe già un passo importante. Sperando (e pregando) che in Ucraina prevalgano le ragioni della pace. (*) direttore "L'Azione" (Vittorio Veneto)Alessio Magoga (*)