Tutela dei minori. Suor Ferrante (Toscana): “Ricreare stabilmente ponti di fiducia”

Grande è l’impegno del Servizio regionale: promossi incontri on line e in presenza di formazione e informazione. In quasi tutte le diocesi sono stati attivati i centri di ascolto. Molte le donne referenti. Finora giunte pochissime segnalazioni

(Foto: Riccardo Bigi - Toscana Oggi)

Monitorare e documentare le iniziative di prevenzione e formazione, nonché le modalità di attuazione a livello locale delle Linee guida nazionali Cei per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili; accompagnare diocesi, comunità religiose, associazioni o altre realtà ecclesiali nella stesura di protocolli e indicazioni di buone prassi per la tutela dei minori; stimolare, promuovere e coordinare l’informazione e la formazione degli operatori pastorali sulle tematiche della tutela dei minori e della prevenzione degli abusi. Sono gli obiettivi del Servizio regionale tutela minori (Srtm), che in Toscana è partito nel 2019 con la nomina di mons. Carlo Ciattini, vescovo di Massa Marittima-Piombino e vescovo referente per la Regione ecclesiastica, e della coordinatrice, suor Tosca Ferrante, che ci racconta l’attività in questi anni.

“Pian piano si è costituita l’équipe regionale con varie figure competenti in varie aree: psicologica, pastorale, pedagogica, comunicazione, diritto ecclesiastico e canonico, il referente per i religiosi della Toscana, il vicario giudiziale responsabile del Tribunale ecclesiastico regionale etrusco di Firenze e il segretario. Abbiamo iniziato a lavorare per una conoscenza reciproca e per uno studio delle Linee guida Cei e degli altri strumenti che ci servivano per svolgere il nostro servizio”, spiega suor Ferrante. Il Srtm è contattabile attraverso la mail: tutelaminori.serviziotoscana@gmail.com.

“Nel 2020 e all’inizio 2021 abbiamo iniziato a fare alcune proposte privilegiando i referenti diocesani, perché l’obiettivo del Servizio regionale è quello di offrire loro strumenti e consulenze per poter svolgere il loro servizio all’interno delle loro realtà, infatti, ogni diocesi ha un’équipe con figure competenti in varie discipline. A livello regionale il nostro obiettivo prioritario è di occuparci della formazione dei membri delle équipe diocesane. Abbiamo organizzato alcuni momenti, due in presenza prima del Covid, poi durante la pandemia abbiamo promosso eventi on line, all’inizio per i referenti delle diocesi. Quando sono stati nominati i responsabili dei centri di ascolto, dove arrivano concretamente le segnalazioni, abbiamo iniziato la loro formazione”, prosegue la religiosa.

(Foto: Riccardo Bigi – Tocana Oggi)

Ora “la nostra priorità è informare e formare ma non solo queste categorie legate in maniera specifica al Servizio, ma tutti coloro che in diversi modi operano nell’ambito delle nostre realtà parrocchiali e non. Una delle ultime attività che abbiamo svolto è un corso di formazione per operatori pastorali. I destinatari sono stati catechisti, animatori, operatori parrocchiali – tra cui anche coloro che gestiscono associazioni sportive, circoli, Grest -, educatori, insomma tutti coloro che in diversi modi operano nei nostri ambienti con minori e adulti vulnerabili”. Questo corso, precisa la coordinatrice regionale, “ha avuto come obiettivo sensibilizzare al tema non tanto parlando della pedofilia ma della relazione educativa”. Il titolo del corso è stato “Accogliere ed educare in ambienti sicuri”. Questo corso è iniziato il 12 marzo ed è terminato il 14 maggio. Il primo e l’ultimo appuntamento, con relazioni di esperti, sono stati in presenza, a Firenze, per chi poteva e per gli altri on line. “All’incontro di maggio avevamo circa 500 persone collegate on line, 400 in presenza. Abbiamo puntato a sensibilizzare alla relazione nello specifico, come l’importanza delle buone prassi in parrocchia, un uso consapevole e responsabile dei media, la comunicazione in sicurezza per quel che riguarda i minori, comunicare con le nuove generazioni”, dice la coordinatrice regionale. Tra i due momenti in presenza del corso “c’è stata la possibilità di seguire su piattaforma di dieci ore di lezione on line, in collaborazione con il progetto Safe, coordinato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII”. L’Apg23 offre un corso on line intitolato “La grammatica delle relazioni affidabili”. “Noi ci siamo accordati con loro, in particolare con Chiara Griffini, responsabile del progetto. Attraverso un link gli operatori pastorali hanno potuto frequentare tutto il corso. Queste lezioni sono state seguite da 600/700 persone”.

A seguito di questo corso “sono giunte alla mail del Srtm delle domande su aspetti dettagliati, perché durante il corso on line non c’era possibilità di interazione diretta. Nell’ultimo incontro in presenza l’équipe regionale ha provveduto anche a rispondere alle domande che erano giunte che riguardavano l’aspetto della comunicazione, come trattare i casi che arrivano”.

(Foto: Riccardo Bigi – Toscana Oggi)

Le attività non si fermano qui: “Ci stiamo occupando anche della formazione delle religiose. Ho già tenuto tre incontri di formazione per superiore generali o provinciali delle comunità religiose presenti in Toscana. Anche in questo caso c’è stata una grande affluenza, nell’ultimo appuntamento erano una novantina. La formazione riguarda temi ad intra e ad extra: ad extra in particolare riferito alle religiose che si occupano dell’ambito educativo, ad intra ci siamo confrontate sulle varie forme di abuso anche all’interno delle nostre realtà (soprattutto abusi di potere, abusi di coscienza). Adesso stiamo organizzando tramite l’équipe regionale che ha all’interno un referente per i religiosi qualche incontro di formazione anche per le congregazioni maschili”.

Sono promossi “incontri anche con gli insegnanti di religione o, più in generale, con docenti delle scuole paritarie e anche con associazioni, gruppi, movimenti. Arrivano delle richieste di incontro con qualcuno dell’équipe regionale per formarsi a queste tematiche. Formare vuol dire avere la possibilità di parlarne senza paura e anche avere strumenti sia per poter gestire le relazioni in modo sano, con la giusta distanza, sia per sensibilizzarsi e avere un occhio per situazioni problematiche un po’ nascoste”.

Per il futuro, anticipa suor Ferrante, “pensiamo di potenziare questi incontri a più ampio raggio, i cui destinatari sono gli operatori pastorali. Allo stesso tempo, ci è arrivata la richiesta di formazione specifica per i responsabili dei centri di ascolto. Faremo incontri riservati a loro essendo un ambito un po’ delicato: il centro d’ascolto è il luogo dove fisicamente arrivano persone che denunciano abusi subiti”.

In Toscana “i centri di ascolto sono stati attivati in tutte le diocesi – tranne che in due piccole, che stanno cercando di organizzarlo insieme, con due referenti ma un’unica équipe – con un numero di telefono e una mail dedicati, per il rispetto della privacy. I centri di ascolto sono posti in luoghi discreti, lontani dalle curie diocesane”.

Suor Tosca precisa:

“Stanno arrivando pochissime segnalazioni,

questo ci sta facendo interrogare sul come mai: se perché le persone non hanno il coraggio di denunciare, se preferiscono andare direttamente dall’autorità giudiziaria, se non avviene nulla. Se ci arriva qualche segnalazione, invitiamo a rivolgersi all’autorità giudiziaria, perché il nostro compito è quello di attivare una procedura canonica. Comunque le segnalazioni sono poche e riguardano casi del passato, con tanta sofferenza alle spalle. Penso che si debba ancora coltivare e riprendere un legame di fiducia. Si sta facendo tutto il possibile per ricreare questo legame di fiducia, il tutto in trasparenza”. La coordinatrice aggiunge: “C’è una totale disponibilità da parte del Servizio regionale sia a formare e informare sia a essere presenti nelle varie realtà. C’è anche un grande impegno da parte dei vescovi della Cet che stanno sostenendo in tutto quello che il Servizio regionale propone in modo che questo ponte di fiducia diventi stabile. Dobbiamo essere chiari di verità, questo è un cammino che si sta facendo con molta disponibilità. Noi dell’équipe lavoriamo sul campo, ma c’è bisogno di un sostegno da parte dei nostri vescovi”.

La religiosa aggiunge un particolare: “Qui in Toscana moltissime referenti sono donne, così com’è desiderio di Papa Francesco che aveva indicato di individuare donne che potessero svolgere questo servizio soprattutto nei centri di ascolto. I vescovi toscani per la maggior parte si sono orientati in questo modo ed è molto importante perché

si valorizza la capacità di accoglienza della donna in luoghi dove c’è necessità di tanta delicatezza”.

In alcune diocesi (Firenze, Pisa, Siena, Massa Marittima) si sono attivati alcuni percorsi formativi che hanno interessato diverse categorie di utenti: insegnanti di religione e responsabili scuole cattoliche, pastorale giovanile, educatori e animatori Grest, sacerdoti di tutte le età e sacerdoti dei primi 10 anni di ordinazione, famiglie. “Faccio notare che ad alcuni di questi eventi hanno partecipato anche rappresentanti di istituzioni civili (sindaco, rappresentanti delle forze dell’ordine ecc.). Questo esprime il desiderio fattivo di collaborazione con tutti gli agenti dell’azione educativa”, evidenzia suo Ferrante, che ricorda altre due iniziative: “A Siena il 4 febbraio è venuto don Fortunato di Noto per una riflessione e approfondimento sul tema della tutela dei minori, come a Pisa c’è stato un incontro molto interessante organizzato nell’ambito dell’assemblea delle scuole di ispirazione cristiana, alla presenza di autorità civili e religiose”.

In Toscana ci sono molto fermento e molto impegno per la tutela dei minori e dei soggetti vulnerabili, il tutto fatto, conclude suor Tosca, “con ‘passione’ e ‘compassione’ nel senso del desiderio di cura, attenzione, presenza, responsabilità”.

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