I bambini insegnano il bene custodito in un sorriso

Ci sono foto e foto. Racconti e racconti. Non tutti sono uguali. Pezzi di cronaca che volano via in fretta e altri che restano subito nella memoria o entrano nel nostro immaginario.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Ci sono foto e foto. Racconti e racconti. Non tutti sono uguali. Pezzi di cronaca che volano via in fretta e altri che restano subito nella memoria o entrano nel nostro immaginario.
In un possibile album fotografico del nostro vescovo negli ultimi giorni sono apparse due immagini che porteremo con noi per molto tempo.
La prima è pubblicata a pagina 4, a corredo dell’articolo, scritto da Luisa Iotti, sulla visita che Mons. Guido Marini ha fatto la sera di mercoledì 11 maggio al campo Sinti di Tortona. Si nota che ascolta divertito alcuni ragazzi che l’hanno accolto, mentre suonano la chitarra. Per l’occasione canzoni in genovese, che l’hanno trasportato con la mente nella sua amata città d’origine. Ma l’affabilità del vescovo si è manifestata soprattutto con i bambini presenti. Dopo la recita del Santo Rosario, si è trattenuto con alcuni di loro e hanno giocato insieme. Ha detto, infatti, ai più piccoli di alzare la mano destra e poi ha affibbiato a ogni dito di quelle manine una lettera: m, a, r, i, a.
«Uniamo le lettere. – ha proposto – Che parola salta fuori?» e tutti hanno gridato: «Maria!». A quel punto ha invitato i bambini a porre la mano sul loro capo e a ripetere: «Maria proteggimi!».
La seconda ha fatto il giro dei social, riscuotendo decine di like e commenti entusiasti. È stata scattata domenica 8 maggio a Castelnuovo Scrivia dove il vescovo si è recato per amministrare la Cresima ai giovani della parrocchia. A margine della Messa c’era ad aspettarlo un gruppo di bambini con cartelloni di benvenuto. Mons. Guido li ha ringraziati affettuosamente e dopo si è tolto la berretta e l’ha messa sulla testa di alcuni bimbi che ridevano felici.
Forse l’ho già scritto da qualche parte, ma ricordo che nella mia classe delle elementari, c’era appeso all’armadio un disegno con una frase che da allora mi porto sempre dentro: “Basta un sorriso per liberare l’allegria!”. Bastano un gesto di tenerezza, una parola dolce che viene dal cuore, per trasformare un incontro in qualcosa di speciale.
Ce ne dimentichiamo troppo spesso quando parliamo con le altre persone. Anzi, ci mettiamo sulla difensiva, giudicanti, pronti a emettere sentenze definitive. Accogliamo il nostro prossimo… ma a debita distanza.
Sto scrivendo queste poche righe nel pomeriggio di martedì 17 maggio, il giorno in cui, 50 anni fa, fu ucciso il commissario Luigi Calabresi. E ho appena riascoltato l’omelia che l’arcivescovo di Milano Mons. Mario Delpini ha pronunciato in San Marco durante la Messa di suffragio.
In un passaggio ha detto: «Nonostante la violenza che tende a spegnere la vita, gli amici della pace continuano ad accendere vita, a vivere e a generare vita.
Nonostante l’assurdo scatenarsi delle passioni, la ragionevolezza continua a mettere ordine sulla terra. Nonostante il volto indurito dalla determinazione a fare del male, il sorriso mite del bene continua a suggerire la vocazione a sorridere di ogni volto umano».
Ecco perché vi ho parlato del sorriso di un vescovo rivolto ai più piccoli. Ecco perché sto pensando alle occasioni che ho perduto per sorridere o ai momenti intensi e profondi in cui sorrido a mio figlio e a mia moglie. Esempi di sorriso mite che custodiscono il bene.
La guerra non è solo quella in Ucraina. Piccole guerre si combattono tra di noi ogni giorno. La bontà è un ottimo motivo per il cessate il fuoco.

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