Un tempo da vivere custodendo i fratelli

Ad uno sguardo superficiale, in questo fine settembre, sembrano rincorrersi – sia a livello ecclesiale che civile – appuntamenti, incontri, motivi di riflessione, in una sorta di gimcana del tempo, dove ognuno salta sul sedile che trova vuoto, o che gli pare più congeniale per la direzione verso cui è incamminato.

(Foto ANSA/SIR)

Ad uno sguardo superficiale, in questo fine settembre, sembrano rincorrersi – sia a livello ecclesiale che civile – appuntamenti, incontri, motivi di riflessione, in una sorta di gimcana del tempo, dove ognuno salta sul sedile che trova vuoto, o che gli pare più congeniale per la direzione verso cui è incamminato.
Così in questo tempo del creato, celebriamo la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, e si apre per la nostra diocesi il nuovo Anno pastorale, segnato anche da due ordinazioni diaconali.
Appuntamenti che non possono non tener conto di uno spartiacque quasi invalicabile: la pandemia.
Che ci ricolloca in modo nuovo di fronte a noi stessi, di fronte agli altri e all’Altro che
è il Tu di Dio, al creato, la nostra casa comune, ponendoci davanti a quella Parola capace di dividere e sanare: «Sono forse io il custode di mio fratello?».
«La novità – così il vescovo in un editoriale – è la nascita di un “noi”, inatteso». Noi che diventa «alleanza tra mondo scientifico e comunicazione, tra la coerenza di messaggi e scelte operate da chi amministra e governa,con l’opinione pubblica fino al vasto panorama internazionale». Ci troviamo oggi a vivere una fase (di cui abbiamo perso il numero) ancora piena di incognite (anche se i bollettini del contagio non occupano più le prime pagine di cronaca) e, nello stesso tempo, carica di appelli e di domande. Che lasciano intravvedere tanti tipi di fame: da quella materiale di cibo, di medicine, di bollette, di canoni di affitto, a quella di un senso al dolore vissuto, alla fame di una speranza fondata,
al bisogno di relazioni autentiche, non solo virtuali, al bisogno di una cura “integrale”.
Domande pungenti e urgenti, che devono essere accolte con rispetto, raccolte, e che chiedono risposte concrete, scelte prioritarie, forse anche inversioni di cammino. A livello personale ma anche di famiglia e di comunità.
Che, in questo anno dallo stile sinodale, potremo condividere e confrontare e realizzare. Custodi gli uni degli altri e, insieme, delle persone più fragili e del bene prezioso della nostre comunità.

(*) direttore “Vita Nuova” (Avvenire – Parma Sette)

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