Arresto Messina Denaro: mons. Baturi, “importante azione dello Stato a tutela di tutti i cittadini, ma non è sufficiente se non c’è un’azione educativa forte”

(Foto Siciliani - Gennari/SIR)

“Un’importante azione dello Stato a tutela di tutti i cittadini”, che però “non è sufficiente, se non c’è un’azione educativa forte per i giovani”. Così mons. Giuseppe Baturi, interpellato dai giornalisti a margine della conferenza stampa di chiusura del Consiglio permanente della Cei, ha risposto alle domande sull’arresto di Matteo Messina Denaro, per il quale ha espresso il “plauso” e la “soddisfazione” dei vescovi italiani. “Tutte le volte che c’è un atto che sancisce un arresto del male, e di chi può commettere altro male, è un momento importante, perché viene sanzionato un male fatto e non resta impunito”, ha proseguito citando anche gli arresti di questi giorni. L’arresto di Matteo Messina Denaro, dunque, per la Chiesa italiana “rappresenta un punto di svolta e un segnale importante da parte dello Stato” . “All’azione repressiva, che va intensificata – ha tuttavia precisato il segretario generale della Cei – deve corrispondere un’azione educativa dei ragazzi, di chi cerca un lavoro: il tema repressivo, cioè, va connesso all’educazione per un riscatto possibile della popolazione”. Ad una domanda sul carcere ostativo, Baturi ha risposto citando il tema della giustizia riabilitativa, sul quale la Chiesa italiana sta promuovendo un dibattito, all’interno della riflessione più ampia sul mondo delle carceri, che la Cei intende rendere a cadenza annuale. “La pena deve essere tale da consentire una riparazione vera”, ha spiegato il presule: “Tanti stanno riflettendo su questo tema, noi lo porteremo avanti. Questioni come le pene alternative e il reinserimento dopo aver scontato la pena sono temi che devono essere affrontati dentro la sensibilità e la responsabilità di tutta la comunità ecclesiale”. Di qui la necessità di interrogarsi “sul modo di scontare la pena, che è dignitoso se rappresenta la riabilitazione della persona e contempla la necessità di reinserirla nel tessuto sociale”. Sono 54mila le persone detenute nelle carceri italiane, ha ricordato il segretario generale della Cei, all’interno delle quali operano più di duemila cappellani. Il 20% dei reclusi sono di religioni diverse da quella cattolica; completano il mosaico dei penitenziarii i volontari, gli operatori e gli agenti.

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