Congresso eucaristico nazionale: Di Muro (mensa dei poveri), “anche se il Papa non viene, stiamo facendo tutto come se venisse”

(da Matera) “Anche se il Papa non viene, stiamo facendo tutto come se venisse”. Spalanca un grande sorriso Maria Teresa Di Muro, da tre anni presidente della mensa per i poveri di Matera, una delle “opere-segno” del Congresso eucaristico nazionale, mentre ci illustra la mensa “Casa della Fraternità”, intitolata a don Giovanni Mele, il parroco dell’Annunziata che dal 2000 ha accolto nei locali adiacenti alla parrocchia le persone bisognose. Nata per volontà di un benefattore, Egidio Tamburrino, e della Fondazione che porta il suo nome, la mensa serve 90-100 pasti al giorno per  i poveri e le persone in difficoltà: “Non chiediamo loro l’Isee – precisa Maria Teresa – li guardiamo semplicemente negli occhi. Da noi può venire chiunque”. Durante la pandemia, i pasti sono stati garantiti grazie all’asporto, ma da domani – giorno in cui Papa Francesco avrebbe dovuto inaugurarla, prima che il programma del suo viaggio a Matera venisse accorciato in modo da consentire ai partecipanti di partecipare al voto – la volontà è quella di tornare in presenza. “Abbiamo ricevuto in dono questo gioiello, finalmente possiamo mettere i poveri al centro: saranno loro i protagonisti”. La mensa, infatti, non è solo una mensa: ha un doppio nome, e se il primo rimanda alle necessità materiali, il secondo – “Casa di fraternità” – riguarda i bisogni relazionali.  “Non vogliamo che sia soltanto un luogo dove mangiare, ma anche un logo di aggregazione sociale”, spiega Maria Teresa: “Per ora abbiamo due televisori, ma la Casa è appena nata e abbiamo bisogno di tutto. I nostri volontari si danno molto da fare, ma non sono moltissimi, dobbiamo cominciare tutto da capo”. Mentre ci salutiamo, il pensiero va di nuovo alla presenza del Papa domani a Matera: “I nostri ospiti erano felici di vedere Papa Francesco, non vedevano l’oro di vederlo. Ma non sono delusa: già il fatto che viene a Matera, e che darà una benedizione sull’altare, è come se desse una benedizione a tutti noi: lo stadio è a 200 metri da qui. Noi stiamo pregando per lui. Se lo vedessi, l’abbraccerei e gli direi grazie”.

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