Natale: mons. Moraglia (Venezia), “ci obbliga ad uscire da uno sguardo ripiegato solo su noi stessi”. Agli operatori sanitari, “importanti anche un sorriso e una parola buona”

(Foto: Patriarcato di Venezia)

“Il Natale ci obbliga ad uscire da uno sguardo ripiegato solo su noi stessi. La sofferenza, lo sappiamo tutti, ha un perimetro più ampio del corporeo. Si soffre anche quando il corpo è sano, altre volte si soffre perché il corpo è malato”. Lo ha affermato oggi pomeriggio il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, nell’omelia pronunciata presso il PalaExpo a Marghera – che è stato per lungo tempo centro vaccinale e di prevenzione per l’Ulss3 Serenissima – durante la messa natalizia con gli operatori della sanità, i volontari e le forze dell’ordine, ossia con tutti coloro che molto si sono prodigati nel tempo della pandemia.
“L’uomo – ha osservato il patriarca – non può mai prescindere dal corporeo, eppure non può mai essere ridotto al corporeo. E vi sono persone segnate più di altre dalla sofferenza fisica o psicologica: alcuni per tutta la vita faticano con il bene della salute, altri ancora sono segnati dalla sofferenza morale e qui possiamo pensare al rimorso, che molte volte non si vede e non si fa vedere ma che accompagna le persone”. “Pensiamo anche – ha proseguito – al dolore legato a certi ambienti familiari o sociali e alle sofferenze legate a epoche storiche”. “L’uomo è chiamato a comprendere la totalità del suo essere, in particolare chi opera nell’ambito medico e paramedico o nell’ambito del soccorso”, ha ammonito mons. Moraglia, evidenziando che “chi si china alla sofferenza corporea si china su un aspetto dell’uomo ma l’uomo è sempre unità di spirito, anima e corpo. Per questo, la sofferenza fisica diventa poi anche sofferenza morale, psicologica e delle persone che stanno accanto”. “Come operatori sanitari – ha spiegato – avete una grande possibilità: quella di curare dei corpi incontrando delle persone. L’operatore sanitario si china su una porzione della fragilità e della sofferenza umana e diventa così il buon samaritano di una sofferenza che, se lenita e curata, non è detto infatti che si riesca a guarirla, può essere d’aiuto per superare anche altre sofferenze. Non possiamo sempre guarire come vorremmo, sempre possiamo prenderci cura di chi ha una patologia fisica e soffre anche nello spirito. L’efficienza è importante, ma sono importanti anche un sorriso e una parola buona”.

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