Maltempo a Ischia: mons. Pascarella (vescovo), “abbiamo fatto tutta la nostra parte, perché questo evento non fosse un disastro annunciato?”

(Foto: ANSA/SIR)

“Davanti ai nostri occhi ci sono immagini, che abbiamo visto, anche se in modo meno drammatico, altre volte e che mai avremmo voluto rivedere! Di fronte a questi eventi ci sentiamo scossi, turbati, addolorati, interrogati e provocati”. Lo scrive il vescovo di Ischia e di Pozzuoli, mons. Gennaro Pascarella, alla popolazione di Ischia, dopo l’alluvione del 26 novembre che ha portato morte e distruzione.
“Non lasciamoci schiacciare! La prima risposta che vogliamo dare è un’impennata della solidarietà spirituale e concreta. Giovani e adulti della nostra Chiesa si sono subito rimboccati le maniche”, l’invito del presule, che aggiunge: “Eleviamo la nostra preghiera al Padre per chi ha perso la vita e per chi è disperso. In particolare è il momento di professare, con le lacrime agli occhi e con il cuore ferito, credo la vita eterna e aspetto la risurrezione della carne. È questa la bella e buona notizia che Gesù crocifisso e risorto dona a tutti noi: l’ultima parola non ce l’ha la morte!”. Ma “la preghiera diventa anche grido, unito al grido lancinante di Gesù sulla croce (‘Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?’): ‘Perché, Signore, queste morti? Perché questo dolore a noi, ora? Perché sono coinvolti anche i bambini? Perché?’. Dovremo, dopo che la tempesta del dolore ci rende più lucidi, fermarci e con franchezza trovare le cause umane di questo disastro. Senza puntare il dito contro nessuno non potremo non chiederci, facendo memoria di un passato non così lontano: ‘Abbiamo fatto tutta la nostra parte, perché questo evento non fosse un disastro annunciato?’”. Ora, osserva mons. Pascarella, “è tempo della vicinanza, del prendersi cura, della condivisione, della prossimità. Ci sono persone ferite e sfollate, c’è chi si è visto risucchiare i suoi cari dalla furia delle acque e del fango. Essi vogliono sentire la nostra vicinanza, fatta non tante di parole, ma di gesti concreti”.
In questo inizio dell’Avvento “siamo chiamati dagli eventi che ci affliggono a chiedere con più insistenza al Signore che ci renda forti nella fede, saldi nella speranza e operosi nella carità”.
Il vescovo conclude: “Eleviamo la nostra preghiera al Signore per chi ha perso la vita: sia il paradiso la sua ultima destinazione e ci sia una gara nella solidarietà per tutti quelli che rimangono feriti, fisicamente o psicologicamente per la perdita di un loro caro e dei loro beni”.

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