Aborto: vescovi messicani, “serve rinnovata riflessione, cercare progetti di vita dignitosi”

La Conferenza episcopale messicana (Cem) interviene con un’articolata nota in merito alla sentenza sull’aborto emessa martedì scorso dalla Corte Suprema di giustizia del Messico. Infatti, è stata sancita l’incostituzionalità degli articoli 196 e 224, sezione II, del Codice penale dello Stato di Coahuila, estendendo l’invalidità a porzioni degli articoli 198 e 199 dello stesso ordine.
In sintesi, la Corte ha ritenuto – tra l’altro – incostituzionale la definizione del reato di aborto “autoprodotto o consensuale”, a cui era collegata una pena da uno a 3 anni per la donna e per i medici che eseguivano l’intervento. La sentenza, poi, stabiliva anche l’invalidità della sanzione stabilita per il personale sanitario che assiste ad un aborto volontario, nonché della pena per l’aborto eseguito entro le 12 settimane di gestazione in caso di stupro o inseminazione artificiale o impianto improprio.
I vescovi del Messico, “dopo aver studiato il contenuto di questa risoluzione e le argomentazioni presentate da vari ministri nelle sessioni di discussione pubblica tenutesi il 6 e il 7 settembre”, ritengono che “i problemi affrontati dalle donne e lo status giuridico del nascituro siano una complessa questione con riflessi antropologici, scientifici, filosofici ed etici, che non possono essere ridotti a una risoluzione in una questione giudiziaria”.
Perciò, “con dolore e sgomento, riteniamo essenziale che tutti gli attori sociali – fuori da un clima di polarizzazione ideologica e senza attaccamento a posizioni politiche – si impegnino in una nuova e profonda riflessione che ci permetta di trovare un modo comune di risolvere un problema multidimensionale e multifattoriale come quello che stiamo affrontando”.
“Nessuna donna – riflette la Cem, riferendosi soprattutto a chi è vittima di discriminazione e violenza – dovrebbe essere costretta a prendere la drammatica decisione di ricorrere alla pratica dell’aborto, una situazione che in un gran numero di casi lascia un profondo seguito di dolore. In questo senso, siamo consapevoli che il carcere non è una soluzione al problema delle donne che abortiscono e può piuttosto portare alla loro ri-vittimizzazione. Pertanto, la Chiesa sottoscrive un impegno determinato e attivo a quelle iniziative, programmi e progetti che cercano di offrire i mezzi necessari affinché le donne costruiscano un progetto di vita dignitoso, secondo le loro legittime aspirazioni e si impegnino attivamente in tutti gli spazi”.

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