Tragedia Mottarone: mons. Brambilla (vescovo), “non si possono mandare allo sbaraglio persone ignare barattando la vita con ogni altro tipo di interesse o di superficialità professionale o amministrativa”

“Non si possono mandare allo sbaraglio persone ignare alla ricerca di un momento di serenità, barattando la vita con ogni altro tipo di interesse o di superficialità professionale o amministrativa”. Lo ha detto il vescovo di Novara, mons. Franco Giulio Brambilla nella messa celebrata questa mattina al Mottarone, per le vittime dell’incidente della funivia, avvenuto un mese fa. Il vescovo ha parlato di “abisso di morte” provocato “per l’incuria e l’irresponsabilità di chi ha messo a repentaglio vite umane per facili guadagni. È un pensiero che, oltre le responsabilità penali di competenza della magistratura, ci stringe il cuore, perché ci richiama tutti alla responsabilità morale di chi sovrintende alle regole di sicurezza per i mezzi di collegamento e di ogni altro strumento che ha a che fare con la vita. Il Signore ci ha donato un paesaggio incomparabile, non possiamo ferirlo con le nostre azioni improvvide, non possiamo sciuparlo, rimanendo miopi e insensibili. Mettiamo, invece, in opera le condizioni per un’ospitalità autentica, accogliente, come è nella migliore tradizione della gente della nostra terra. I molti che lavorano onestamente per rendere la città di Stresa, con il suo comprensorio, la perla del Lago Maggiore, non possono essere danneggiati da pochi senza scrupoli!”. Da mons. Brambilla è giunto anche il ricordo delle vittime – chiamate per nome una ad una – e del piccolo Eitan, di fede ebraica, unico sopravvissuto della sua famiglia: “Davanti al loro volto e al loro nome la nostra parola si spegne in gola. Vorremo poter asciugare le lacrime, ma non ne siamo capaci. Sperimentiamo l’impotenza della nostra parola e dei nostri discorsi”. Lo spiraglio arriva dal Vangelo di Giovanni, con il racconto della risurrezione di Lazzaro e di Gesù che piange per la perdita del suo amico. Così facendo, ha spiegato il vescovo, “Gesù prende le nostre lacrime e le fa diventare le sue. Rende prezioso il pianto dei familiari, della gente buona e onesta, perché ci accorgiamo come è mortifero il nostro agire distratto, superficiale, interessato egoista, quando non ci si rende conto che a farne lo spese sono gli innocenti e i bambini, questi volti che potevano essere quelli del mio papà e della mia mamma, dei nostri nonni e dei nostri figli”. “Qui la nostra parola si ferma. Resta solo il pianto di Gesù che assume le nostre lacrime, le mette nel suo calice d’amore, e le attraversa tutte, perché nessuno mai le possa dimenticare. Poi – è stata la conclusione – chiama alla vita l’amico Lazzaro. Noi non ne siamo capaci: possiamo solo attendere che egli ci doni un po’ di consolazione e di speranza”.

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