Perù: ballottaggio Castillo-Fujimori a presidenziali. Ardito Vega (Università Cattolica), “si farà leva su paura. Molti candidati moderati penalizzati da gestione pandemia”

“Saranno due mesi molto duri e incerti, da entrambe le parti si farà leva sulla paura. Per esempio, si dirà che se vince Pedro Castillo, il Perù finirà come il Venezuela, che le proprietà verranno espropriate… Però io penso che questa situazione sia stimolante, rispetto al grigiore della maggior parte degli altri partiti e candidati, che si assomigliavano tutti”. Wilfredo Ardito Vega, giurista e sociologo dell’Università Cattolica del Perù, con sede a Lima, assiste con curiosità al ballottaggio sancito domenica scorsa dagli elettori peruviani: la sinistra dura e pura di Pedro Castillo, insegnante e sindacalista che viene dalla provincia e nella capitale viene visto come un marziano, attestato quasi al 20%, e la leader della destra Keiko Fujimori, la figlia del dittatore che per la terza volta consecutiva si presenta al ballottaggio.
Certo, contrariamente a molti osservatori, il docente confida al Sir di non essere del tutto sorpreso di questo esito, che taglia completamente fuori il centro dello schieramento politico. “Tutto è incerto, può vincere Keiko, ma può vincere anche Castillo. L’altro giorno ero in taxi e chi era al volante mi ha spiegato le ragioni per cui voleva votare il candidato della sinistra anti-establishment. I poveri lo sentono come uno che sta dalla loro parte. Lo chiamano con riverenza ‘il professore’. Si identificano in lui e vogliono un cambiamento radicale”.
Tutte le attenzioni degli osservatori, anche dall’estero, sono concentrate proprio su questo leader uscito quasi dal nulla, invisibile sui social, eppure capace di stravincere in gran parte delle regioni interne e andine. “Fa discorsi da sinistra antica, di qualche decennio fa – prosegue Ardito Vega – ma è quello che la gente impoverita dalla pandemia aspetta di sentire. Tutto il contrario della sinistra ufficiale, quella di Verónika Mendoza, che la gente non poteva vedere. E sa perché? Non ha ascoltato il popolo, a Lima è più votata a San Borja, in pieno centro, che nei quartieri periferici. Ha parlato tanto di temi eticamente sensibili, di coppie gay e di aborto. Pensava che il Perù fosse la Svezia? Questi temi, per la maggior parte dei peruviani, sono inaccettabili. E non ha detto una parola sugli anziani esclusi dai vaccini”. Invece, Castillo parla di marxismo e nazionalizzazioni, ma è fermamente contrario all’aborto e al matrimonio tra omosessuali. A destra è velocemente declinata la fortuna di Rafael López Aliaga, che pure è ha raggiunto il 12%: “Ha giocato a fare il Trump o il Bolsonaro, ma anche chi tra i cattolici lo votava per la sua intransigenza sui temi etici ha colto la sua impreparazione”.
Il giurista offre un’ultima chiave di lettura: “Sia Castillo sia Fuijmori hanno criticato il rigido lockdown, che penalizza molto i poveri e i lavoratori informali. Molti candidati moderati sono stati bruciati dalla gestione della pandemia”.

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