Venezuela: Luciani (teologo), “Onu certifica che tornano le atrocità degli anni ’60 e ’70, ma stavolta commesse da regime che si proclama di sinistra”

“Sembra che le atrocità commesse dai governi militari di destra degli anni ’60 e ’70 stiano tornando in America Latina. Solo che oggi sono portate avanti da un regime che si proclama di sinistra, avallato da importanti riferimenti internazionali come il Forum di San Paolo e il Grupo di Puebla, il cui silenzio a questo punto è scandaloso”. È questo il parere di Rafael Luciani, teologo venezuelano, consulente del Consiglio episcopale latinoamericano, contenuto in una riflessione pervenuta ad alcuni media, tra cui il Sir, a commento del recente rapporto Onu sulle violazioni di diritti umani in Venezuela. Il rapporto finale dell’Alto Commissariato per i diritti umani è stato presentato il 16 settembre 2020, stabilendo che ci sono prove sufficienti di violazioni dei diritti umani che costituiscono “crimini contro l’umanità”, sponsorizzato da una politica statale deliberata e sistematica che è stata pianificata ed eseguita da alti funzionari governativi.
La Missione ha stabilito l’esistenza di “crimini contro l’umanità” che aprono le porte della Corte penale internazionale ai responsabili. “Nella relazione – prosegue Luciani – spiccano due tipi di tortura: la cosiddetta ‘crocifissione’, che consiste nel porre le braccia tese e ammanettate a tubi o sbarre; e ‘il polpo’, mettendo una cintura metallica con catene per immobilizzare i polsi e le caviglie. Questo inferno è stato registrato dalle organizzazioni per i diritti umani dai tempi del Governo Chávez a oggi. Alle coraggiose organizzazioni a favore delle vittime, dobbiamo loro che questa verità venga alla luce oggi. Molti attivisti sono stati incarcerati, torturati e persino giustiziati per aver fatto questo tipo di denuncia che l’Onu oggi riconosce”.
Per Luciani, per andare alle origini di questa situazione bisogna tornare agli anni di Hugo Chávez: “Il suo modello, esercito-leader-popolo, è stato sostenuto grazie all’immensa ricchezza del petrolio, che gli ha permesso di attuare le cosiddette ‘missioni’ di cui hanno beneficiato i settori popolari, ma non li ha trasformati in veri e propri soggetti liberi del processo di cambiamento abilità sociali necessarie. Tre aspetti aiutano a capire perché non lo ha fatto. In primo luogo, ha imposto un pensiero unico ed esclusivo. In secondo luogo, praticava l’ideologia militare che accetta solo rapporti di assoluta lealtà. Terzo, ha adottato il modello politico rivoluzionario con il sostegno e la consulenza diretta del governo cubano”.
Oggi “subiamo le conseguenze di un governo socialista che non è più sostenuto dalle entrate petrolifere o dal carisma dell’autocrate, ma dal controllo ferreo del potere attraverso l’uso criminale delle forze di sicurezza per attuare una politica sistematica della repressione e dell’annientamento di ogni dissenso”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Italia