Coronavirus Covid-19: suor Smerilli, servono “investimenti pubblici” su salute, transizione ecologica e lavoro

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“La crisi economica e sociale potrebbe avere dimensioni disastrose. Le vie di uscita ci sono, ma richiedono capacità di visione, coraggio e collaborazione internazionale”. Lo ha detto suor Alessandra Smerilli, coordinatore della Task-force Economia della Commissione Vaticana per il Covid-19 e professore ordinario di Economia politica presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium, intervenendo alla conferenza stampa di presentazione dal titolo “Preparare il futuro, costruire la pace al tempo del Covid-19”, svoltasi in sala stampa vaticana. “Nessuno Stato potrà farcela da solo”, ha proseguito la religiosa: “Investimenti in sanità e cura, transizione ecologica, riqualificazione dei lavoratori e aiuto alle imprese che subiranno inizialmente danni dalla transizione. Di tutto questo abbiamo bisogno, e per farlo sono indispensabili ingenti investimenti pubblici”. “Papa Francesco ci ha chiesto soluzioni creative”, ha ricordato Smerilli: “E allora ci chiediamo: se invece di fare la corsa agli armamenti, facessimo la corsa verso la sicurezza alimentare, di salute e lavorativa? Cosa chiedono i cittadini in questo momento? Hanno bisogno di uno Stato militarmente forte, o di uno Stato che investa in beni comuni? Come ogni cittadino vorrebbe che fossero spesi i propri soldi oggi? Ha senso continuare a fare massicci investimenti in armi se poi le vite umane non possono essere salvate perché mancano le strutture sanitarie e le cure adeguate?”. “La spesa militare nel mondo nel 2019 ha raggiunto il livello più elevato”, ha fatto notare la religiosa: “Se ho una persona malata in famiglia e ho bisogno di spendere per le cure, non indirizzerò tutte le mie risorse per curare il mio familiare?”. “Siamo nel momento in cui dobbiamo comprendere dove indirizzare le risorse in un momento di cambio epocale”, la tesi di fondo: “Oggi la prima sicurezza è quella della salute e del well-being. A cosa servono arsenali per essere più sicuri, se poi basta una manciata di persone infette per far dilagare l’epidemia e provocare tante vittime? La pandemia non conosce confini”. “La corsa agli armamenti è un dilemma che vede gli Stati, per paura degli altri Stati, o per voler primeggiare, continuare ad aumentare i propri arsenali militari”, l’analisi della relatrice: “Ma questo genera un circolo vizioso che non finisce mai, spingendo ad aumentare sempre più le spese militari. È una competizione posizionale che spinge a spese irrazionali pur di mantenere le proprie posizioni. Tale tipo di corsa si arresta solo con una volontà collettiva di autodelimitazione. Abbiamo bisogno di leader coraggiosi che dimostrino di credere al bene comune, che si impegnino per garantire quello di cui oggi c’è maggior bisogno. Abbiamo bisogno di un patto collettivo per indirizzare le risorse per la sicurezza nella salute e per il benessere”.

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