Carceri: Ucoii, rinnovato il protocollo con il Dap del Ministero della giustizia

È stato rinnovato l’accordo tra Ucoii (Unione delle comunità islamiche d’Italia) e il Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) presso il Ministero di Grazia e Giustizia. L’accordo conferma e rilancia quello siglato nel 2015, nello spirito del rispetto della libertà religiosa, tutelata dalla Carta fondamentale e dall’articolo 26 dell’Ordinamento penitenziario che garantisce a detenuti e internati di professare la propria fede religiosa anche in carcere. Ne da notizia la stessa Ucoii in un comunicato. “È un accordo importante quello stipulato col Dap – dice Yassin Lafram, presidente dell’Ucoii – il protocollo precedente era limitato a 8 carceri in tutta Italia, con questo nuovo accordo invece tutte le carceri d’Italia potranno giovarsi di imam proposti dalla nostra Unione. È il segno dell’ottimo risultato ottenuto con il primo progetto pilota e della fiducia del Ministero di Grazia e Giustizia e del Governo nel suo insieme nei nostri confronti. L’assistenza spirituale ai detenuti fa parte in modo ineludibile del percorso di reinserimento nella società civile, così come stabilisce la Costituzione della Repubblica, all’art. 27 (le pene devono tendere alla rieducazione del condannato)”. Per Lafram, “la cura delle anime è importantissima e giustamente dev’essere esperita nel rispetto della tradizione di appartenenza del detenuto. Questo tende ad ottenere due importanti risultati, oltre alla rieducazione di cui sopra: mettere il carcerato nelle migliori condizioni perché accetti la pena assegnatagli e scongiurare fenomeni di radicalizzazione, rari ma pur sempre possibili, innescati da una condizione di rancore generale nei confronti della società”. “La mancanza di un’Intesa ex art. 8 della Costituzione tra lo Stato e le comunità islamiche pone alcuni problemi che, tuttavia, – spiega il presidente dell’Ucoii – potranno essere superati nello spirito di servizio che la nostra Organizzazione ha sempre espresso nella sua storia. D’altra parte, la disponibilità e l’ascolto delle istituzioni renderanno questo processo più agibile e fattivo”. Gli imam dovranno ricevere un nulla osta della Direzione Centrale degli Affari dei Culti del ministero dell’Interno. L’elenco, inoltre, dovrà contenere l’indicazione della moschea dove ogni imam esercita stabilmente l’attività di culto e, per ciascun nominativo, la scelta delle province, tre al massimo, dove egli intenda prestare la propria assistenza religiosa. “È un passo importante nel quadro di una sempre maggiore collaborazione tra la nostra comunità religiosa e lo Stato, nell’interesse generale del Paese e non possiamo che leggervi il segno del proseguimento di un processo virtuoso”, conclude Lafram che esprime il suo ringraziamento al ministro Bonafede e ai funzionari del suo dicastero “per l’atteggiamento scevro da ingiusti pregiudizi nei nostri confronti”.

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