Atti vandalici: mons. Peri (Caltagirone), “non dobbiamo cedere al male”

“Il male vorrebbe sentirsi dire: ‘Basta, non ce la faccio più e quindi mollo’; o ancora: ‘lascio, abbandono’. Invece, il bene deve continuare a lavorare su un altro termine, che è ‘ancora’: ‘Ci riproviamo ancora una volta, ci scommettiamo ancora una volta e non ci rassegniamo ancora una volta e tenteremo di dare delle risposte ancora una volta’”. Parlando al Sir dell’atto vandalico che ha colpito la sede scout del Ramacca 1, con l’edificio derubato e distrutto, il vescovo di Caltagirone, mons. Calogero Peri, si sofferma su queste due parole: basta e ancora. “Una, quella che ci vuol fare dire ‘basta’, appartiene al male, a quelli che tentano coscientemente o incoscientemente di portarlo avanti. L’altra parola, ‘ancora’, appartiene a chi sa di portare il peso di una condizione che non è quella che vorremmo, a chi sa aspettare tempi migliori, a chi è in attesa di cieli nuovi e terra nuova e, dunque, anche di città nuove, di mentalità nuove, di una cultura nuova”. Il presule non tace che quanto avvenuto all’Agesci ferisce: “Ancora una volta questo avvenimento ci colpisce, però non ci finisce. Lo dobbiamo ribadire sostenendo le persone che sono coinvolte direttamente – dice mons. Peri -, ma anche tutti quelli che, con la loro voce o con la loro posizione, possono discostarsi e prendere le distanze da quanto è accaduto”.
“È chiaro che non ci possiamo arrendere, che non dobbiamo cedere al male. Il male lavora sulla stanchezza degli altri e si aspetta sempre che questa stanchezza finisca per dargli campo libero. Invece noi cristiani sappiamo, anche della parola di Dio, che occorre aspettare: si lavora sulla pazienza. Una pazienza piena della certezza che la fede ci consegna”, aggiunge il presule, invitando a guardare i fatti “con gli occhi di Dio”. “L’ho chiesto innanzitutto a me stesso – quando ho saputo cosa era successo. Ho riletto allora – aggiunge – la seconda Lettera ai Corinzi al capitolo quarto, dal versetto otto a seguire. Pare scritto per noi, applicabile alla nostra vita e questo contesto, quel pezzettino che dice che siamo tribolati da ogni parte ma non siamo schiacciati, che siamo sconvolti ma non disperati, che siamo perseguitati ma non abbandonati, colpiti ma non uccisi”.
Di fronte a quanto avvenuto, mons. Peri chiede una “risposta decisa e fattiva”, che sia “responsabile e ricca di speranza”: si tratta di “sensibilizzare l’opinione pubblica, far sì che non sia semplicemente un avvenimento che riguarda l’associazione, ma che tocca direttamente i cristiani di una comunità o addirittura tutta la comunità civile o, anche, un intero Paese. Quando viene colpito chi fa il bene non può che essere avvenimento che riguarda ciascuno di noi”.

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