Convegno ecumenico

Vocazione: Angelos (copto-ortodosso), “vita monastica non ci isola dal mondo ma ci pone nel cuore vero e proprio dei suoi bisogni”

(da Bose) “Nell’ultima settimana abbiamo assistito a distruzioni per le tempeste alle Bahamas, abbiamo visto scombussolamenti politici e disordini come in Gran Bretagna, abbiamo assistito a casi di fame, carestie, guerre. Qual è il nostro posto nel mondo se non quello di pregiare? La nostra vocazione monastica non ci isola dal mondo ma ci pone nel cuore vero e proprio dei bisogni del mondo”. Lo ha affermato questo pomeriggio Angelos, arcivescovo della diocesi copta di Londra, intervenendo al XXVII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa sul tema “Chiamati alla vita in Cristo” che si conclude oggi a Bose. Dopo aver ricordato che “riceviamo tutti una chiamata da Dio che è condizionata dalla nostra accettazione”, Angelos ha sottolineato che “Dio non ci impone nulla, ci chiama. Una chiamata che talvolta è radicale, scomoda, perché ci porta al di fuori delle principali arterie percorse nella vita, ci allontana da quello che abbiamo fatto fino a quel momento e ci porta in un modello controcorrente” che può anche essere “incompreso” per via dei modelli sociali e morali più diffusi. A chi obietta che si tratti di un sacrificio, l’arcivescovo ha risposto indirettamente rilevando che “nessuno ha mai rinunciato a qualcosa per qualcos’altro di valore inferiore, anzi volutamente scegliamo qualcosa che è un valore aggiunto, che è più grande, più profondo, più significativo. In questa scelta possiamo vedere la gloria di Dio”. “La vocazione monastica – ha proseguito – non vuol dire lasciare il mondo ma andare in modo esclusivo da Dio, dedicare la propria vita con impegno a lui”, soprattutto nella preghiera. “Per molti noi siamo folli, viviamo una pazzia. Invece sappiamo che non è così”, ha assicurato Angelos evidenziando che “la vita monastica è stata pensata per donare, non solo per prendere. È quindi una luce di speranza nel mondo”. Parlando poi della realtà dell’Egitto, l’arcivescovo ha rilevato che “nella Chiesa ortodossa copta il monachesimo è vivace, è ancora presente e vissuto attualmente. I monaci presentano luce e speranza ancora oggi”. “Il monastero da cui provengono – ha spiegato –, 40 anni fa aveva 5 monaci anziani; adesso ne ha oltre 200 con un’età media di 40-45 anni”. E se è vero che “a Dio non interessano i numeri, ciò dimostra che nelle persone c’è ancora il desiderio di seguire Dio, di lasciare il mondo per entrare in un ambiente monastico. Riusciamo a vivere una vita in un modo che è talmente controcorrente rispetto alla cultura invalsa e questo è così potente che colpisce e dimostra la forza delle nostre Chiese”.