Amazzonia
Cioccolato puro, 100% bio, frutto del lavoro nelle chakra, gli orti dell’Amazzonia. Con un aroma originale, forte ora di una nuova collaborazione tra l’associazione di produttori indigeni Tsatsayaku e l’Università della Tuscia. “Da Viterbo aspettiamo una missione di esperti a partire da gennaio” dice Izamar Valarezo, laureata in Ingegneria agroindustriale all’Universidad estatal amazonica di Puyo. “Ci aiuteranno a stabilire i parametri necessari per una fermentazione ottimale, verificando temperature, livelli di acidità e grado brix”. Valarezo è la responsabile produzione di Tsatsayaku, un nome che richiama l’arena dei fiumi che dalle Ande precipitano verso l’Amazzonia e che nel concreto vuol dire selezione dei semi, fermentazione, tostatura, impasto e confezionamento. “La nostra è una fabbrica di cioccolato” sottolinea la responsabile: “A consegnare i sacchi, al costo di 40 centesimi l’uno, sono 180 coltivatori che lavorano su 94 ettari certificati come organici al 100 per cento”. Tsatsayaku è nata nella provincia di Napo nel 2013, con l’adesione di 13 comunità kichwa e il sostegno del governo ecuadoriano. La scelta è stata puntare sulla “Ruta ancestral del cacao”, la “via” delle chakra, delle varietà e dei talenti dell’Amazzonia. Un percorso favorito in questi anni dalla Fao, che ha curato le certificazioni internazionali, ma anche da ong straniere. Tra queste l’italiana Engim, parte della federazione cattolica Focsiv, in prima fila con i suoi cooperanti e volontari attraverso il progetto Juntos, “insieme”.”L’accordo con l’Università della Tuscia è stato sottoscritto in questo contesto” conferma Ylenia Torricelli, coordinatrice locale di Engim. “Di recente Tsatsayaku ha raggiunto un’intesa per la vendita di tre quintali di cacao ogni tre mesi a un’azienda britannica; un passo importante, e sarebbe bello pensare a vendite anche in Italia: aspettiamo la Tuscia e si vedrà”.