Rapporto

Brasile: Cimi su attacchi a territori indigeni. Violenze in aumento, l’anno scorso 109 invasioni, nel 2019 già 160. 135 vittime nel 2018

Le popolazioni indigene del Brasile soffrono un forte aumento di attacchi contro i loro territori. Il “Rapporto sulla violenza contro le popolazioni indigene in Brasile – 2018”, redatto dal Consiglio indigenista missionario (Cimi) e presentato ieri a Brasilia, parla di fenomeni sempre più preoccupanti di accaparramento delle terre, furto di legname, estrazione dell’oro, invasioni e persino la creazione di lottizzazioni di terreni nei territori indigeni tradizionali. Una situazione che, secondo il rapporto, “pone a rischio la stessa sopravvivenza di varie comunità indigene in Brasile”.
I dati sono eloquenti. L’anno scorso ci sono stati 109 casi di “invasioni per il possesso, sfruttamento illegale delle risorse naturali e vari danni al patrimonio”, mentre nel 2017 ci c’erano stati 96 casi. Nei primi nove mesi del 2019, i dati parziali del Cimi riportano, al momento, già 160 casi di questo tipo nei territori indigeni del Brasile.
C’è stato anche un aumento del numero di omicidi segnalati che vedono come vittime gli indigeni, spesso leader sociali che lottano per i loro diritti: i casi, nel 2018, sono stati 135. Il maggior numero di casi si è verificato in Roraima (62), segue il Mato Grosso do Sul (38). Nel 2017 erano stati registrati 110 casi di omicidio.
Delle 1.290 terre indigene in Brasile, 821 (63%) hanno delle pendenze aperte con lo Stato, per esempio per il completamento del processo di demarcazione e la registrazione come territorio indigeno tradizionale presso la Segreteria del Patrimonio dell’Unione (Spu). Di questi 821, 528 territori (64%) non sono ancora state prese in carico dallo Stato. “Considerando che la Costituzione federale del 1988 ha determinato la delimitazione di tutte le terre indigene in Brasile fino al 1993, è evidente la completa omissione dell’esecutivo nell’adempiere questo obbligo costituzionale”, si legge nel report.