Ecumenismo

Chiese europee: incontro Ccee vescovi orientali cattolici. Card. Parolin (Segretario di Stato), “il perdono unica medicina efficace dopo secoli di incomprensione”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Adoperarsi per riportare la pace dove regna la discordia, considerare il perdono come l’unica medicina efficace dopo secoli di incomprensione, non dimenticando però che nel cristiano mai la carità si incontra senza la verità”. È questa la”linea” comune che seguono, seppur su strade diverse ma convergenti, la diplomazia e l’impegno ecumenico della Santa Sede. A delinearla è stato il cardinale segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, intervenendo all’incontro dei vescovi orientali cattolici europei che, su iniziativa del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), è in corso a Roma. Per far capire quanto le due dimensioni siano intimamente legate, per stile e obiettivi, il card. Parolin ha fatto due esempi: l’indizione della giornata di digiuno e preghiera per la Siria, in Medio Oriente e nel mondo, il 7 settembre del 2013, e l’incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill il 12 febbraio 2016 all’aeroporto de L’Avana. Quest’ultimo caso, in particolare, dimostra come Papa Francesco abbia voluto “iniziare un processo mediante un gesto che in qualche modo ha rappresentato una rottura con quanto si era cercato di fare fino a quel momento. Sappiamo tutti i punti critici della vicenda”, ha poi aggiunto Parolin. “Ma per usare espressioni care al Pontefice, un processo è stato iniziato e qualcosa che non era mai avvenuto, adesso in campo ecumenico è comunque in essere”.
Venendo quindi al ruolo che le Chiese orientali cattoliche possono svolgere nell’attuale contesto geo-politico, il segretario di Stato ha parlato di “frontiera profetica”. Sono cioè “un vero e proprio avamposto profetico” per la loro collocazione geografica, trovandosi quasi tutte in territori “caldi” dove si registrano situazioni di conflitto e di rischio per l’incolumità dei cristiani. Per la loro storia, le Chiese orientali cattoliche “hanno sempre testimoniato un profondo amore per la Sede apostolica”,  pagando questa fedeltà a Roma anche con il sangue. E per la loro natura, “sono preziose nel dialogo ecumenico” perché si trovano in quella “terra di mezzo e di incontro con le Chiese ortodosse”. A questo proposito, il cardinale ha toccato anche la delicatissima questione dei rapporti con la Chiesa ortodossa russa da cui però – ha detto – non si può prescindere sia per il ruolo geopolitico che la Federazione Russa gioca sulla scena internazionale, sia perché la sua Chiesa rappresenta “un patrimonio spirituale e teologico che non può essere messo di lato”. Da qui  l’imperativo di “non interrompere il dialogo con la Chiesa ortodossa russa”.