Curato d'Ars

Papa Francesco: lettera ai sacerdoti, “la gratitudine è sempre un’arma potente”

“La vocazione, più che una nostra scelta, è risposta a una chiamata gratuita del Signore”. Lo ricorda Papa Francesco, nella lettera scritta ieri ai sacerdoti, in occasione del 160° anniversario della morte del santo Curato d’Ars (4 agosto 1859). “Un giorno abbiamo pronunciato un ‘sì’ che è nato e cresciuto nel seno di una comunità cristiana grazie a quei santi ‘della porta accanto’ che ci hanno mostrato con fede semplice quanto valeva la pena dare tutto per il Signore e il suo Regno”, osserva il Pontefice.
Perciò, “nei momenti di difficoltà, di fragilità, così come in quelli di debolezza e in cui emergono i nostri limiti, quando la peggiore di tutte le tentazioni è quella di restare a rimuginare la desolazione, spezzando lo sguardo, il giudizio e il cuore, in quei momenti è importante – persino oserei dire cruciale – non solo non perdere la memoria piena di gratitudine per il passaggio del Signore nella nostra vita, la memoria del suo sguardo misericordioso che ci ha invitato a metterci in gioco per Lui e per il suo Popolo, ma avere anche il coraggio di metterla in pratica”.
La gratitudine, avverte il Santo Padre, “è sempre un’’arma potente’. Solo se siamo in grado di contemplare e ringraziare concretamente per tutti i gesti di amore, generosità, solidarietà e fiducia, così come di perdono, pazienza, sopportazione e compassione con cui siamo stati trattati, lasceremo che lo Spirito ci doni quell’aria fresca in grado di rinnovare (e non rattoppare) la nostra vita e missione”.
Francesco ringrazia i sacerdoti per la “fedeltà agli impegni assunti”: “È veramente significativo che, in una società e in una cultura che ha trasformato ‘il gassoso’ in valore ci siano delle persone che scommettano e cerchino di assumere impegni che esigono tutta la vita”.
Il Papa, quindi, rivolge una serie di ringraziamenti “per la gioia con cui avete saputo donare la vostra vita”, “perché cercate di rafforzare i legami di fraternità e di amicizia nel presbiterio e con il vostro vescovo, sostenendovi a vicenda”, “per la testimonianza di perseveranza e ‘sopportazione’ (hypomoné) nell’impegno pastorale”, “perché celebrate quotidianamente l’Eucaristia e pascete con misericordia nel sacramento della riconciliazione, senza rigorismi né lassismi”, “perché ungete e annunciate a tutti, con ardore, ‘nel momento opportuno e non opportuno’ il Vangelo di Gesù Cristo”, “per tutte le volte in cui, lasciandovi commuovere nelle viscere, avete accolto quanti erano caduti, curato le loro ferite, offrendo calore ai loro cuori, mostrando tenerezza e compassione come il Samaritano della parabola”. “Niente è così urgente come queste cose: prossimità, vicinanza, essere vicini alla carne del fratello sofferente. Quanto bene fa l’esempio di un sacerdote che si avvicina e non si allontana dalle ferite dei suoi fratelli!”, dice il Papa. Il cuore del pastore, sottolinea, “ha imparato il gusto spirituale di sentirsi uno con il suo popolo; che non dimentica di essere uscito da esso e che solo servendolo troverà e potrà spiegare la sua più pura e piena identità, che gli consente de sviluppare uno stile di vita austero e semplice, senza accettare privilegi che non hanno il sapore del Vangelo”.