
(Spoleto) “È un san Benedetto triste e amareggiato quello che festeggeremo l’11 luglio. Sono passati tre anni dalle prime scosse del terremoto e la ricostruzione segna il passo. Ci sono tante inadempienze. Abbiamo ascoltato tante promesse e tante assicurazioni ma, accanto a qualche piccola realizzazione, di grande non abbiamo visto ancora nulla”. Non ha usato mezzi termini l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, per denunciare la lentezza della ricostruzione post-sisma. Lentezza che fa rima con “Burocrazia”. Una denuncia ribadita attraverso le parole di Paolo Rumiz, contenute nel suo libro “Il filo infinito” dove l’autore, lungo le strade dell’Appennino terremotato solcate nel tempo dai monaci benedettini, parlando della burocrazia la definisce “un esempio tutto italiano di una macchina burocratica capace di uccidere più del terremoto ostacolando i ritorni con regole e divieti. I passaggi burocratici sono un attentato alla ricostruzione”. L’arcivescovo ha portato diversi esempi di burocrazia. Tra tutti quello della chiesa di San Benedetto, “icona del terremoto. Dopo tre anni ancora stanno rimuovendo le macerie. Siamo al terzo lotto dei lavori e tra un lotto e un altro passano dei mesi. Questo perché è scaduto il contratto per il luogo di smaltimento. Nella vicina chiesa di Santa Maria Argentea ci sono detriti all’interno, mai rimossi, che coprono preziose opere d’arte. Dopo tre anni cosa si potrà recuperare?”. Non si tratta, ha spiegato l’arcivescovo, di “trasgredire le leggi”. Tutt’altro. “Nell’emergenza le persone non possono essere schiavizzate dalle leggi”. “È giusta e doverosa – ha ribadito – l’attenzione alle infiltrazioni mafiose e a minacce simili. Su questo tutti noi vescovi delle diocesi terremotate siamo d’accordo. Legalità e trasparenza sono elementi imprescindibili, ma abbiamo anche bisogno di strumenti utili per agire”. Mons. Boccardo ha parlato di rischio di “sfaldamento del tessuto umano”. “Nella gente vedo tanto scoraggiamento e per questo mi faccio voce della delusione della gente, del clima di frustrazione e di amarezza in cui vivono e che incide sulla vita quotidiana. La ricostruzione umana è più urgente di quella dei muri”. “La gente della Valnerina è forte e determinata – ha spiegato il presule – ma si logora umanamente. L’emergenza potrà dirsi finita quando tutti potranno rientrare nelle case, tornare nelle loro chiese – ne abbiamo 300 danneggiate – e negli edifici pubblici. Questi sono i luoghi dell’identità nei quali la gente della Valnerina e di Spoleto, ritrova la propria storia e le proprie radici. Oggi questi momenti distrutti non raccontano più nulla”. Ed ancora: “Quanto durerà il temporaneo? Le casette non sono la soluzione definitiva. Per avere attenzione o ottenere qualcosa bisogna bloccare l’autostrada? Ma questo è il diritto della forza e non la forza del diritto. E se deve essere così, allora vuol dire che siamo gambe all’aria”. “Ci hanno sempre detto non vi lasceremo soli, ma tante delle nostre richieste non hanno ricevuto risposta”, ha concluso mons. Boccardo.
- foto SIR/Marco Calvarese
- foto SIR/Marco Calvarese
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