Politica: Manicardi (priore Bose), “democrazia corrosa con la corruzione delle parole”

“Spiritualità e politica sembrano dimensioni profondamente distanti. Tuttavia, se si intende ‘spiritualità’ nell’accezione laica e ampia di ricerca del senso del vivere e di costruzione delle condizioni del vivere insieme, comprendiamo che essa riguarda ogni individuo e la collettività”. Lo scrive Luciano Manicardi, priore della Comunità di Bose, nel numero di agosto-settembre di Vita pastorale, anticipato al Sir. “Ogni uomo ha anche il compito di costruirsi in relazione con gli altri. E ha la responsabilità di costruire non solo ‘con’, ma anche ‘per’ gli altri la casa comune”, aggiunge. Un concetto che Manicardi rafforza: “La responsabilità di se stessi è anche responsabilità per gli altri, per la polis, come pure per il futuro e per le generazioni future. La politica deve guardare l’oggi ma anche il futuro, deve rispettare l’individuo, fino a diventare ‘politica dei volti’, ma anche costruire e custodire la collettività”. Il concetto di “spiritualità”, secondo il priore di Bose, va inteso come “spazio accordato alle questioni di senso, come creazione di un orizzonte comune e di una speranza condivisa, come attenzione alla sofferenza degli umani”. “Coltivare l’interiorità è il primo passo per la partecipazione feconda alla vita della polis, perché nell’interiorità si forgia la libertà, si elaborano le convinzioni che conducono a scelte e decisioni, matura la forza di dire di no, si tempra l’animo per resistere alle tentazioni a cui la politica espone – il potere, il successo, la vanità, il denaro – e che aprono la strada alla corruzione, si pensa l’oggi e si immagina il futuro”. L’attenzione di Manicardi è rivolta anche all’uso della parola. “La democrazia viene corrosa, anzitutto, con la corruzione delle parole. Quando, da parte di chi ha responsabilità della cosa pubblica, la parola è svilita, abusata, manipolata, utilizzata come arma, allora si destabilizza il terreno di intesa democratica. E, allora, sorge la tentazione di sostituirla con l’affidamento alla parola del potere o del capo. Dove non è più importante la parola e il suo contenuto, ma il capo che pronuncia quel che vuole”. La “difesa della democrazia” è, secondo il priore di Bose, “difesa della parola”, perché “con la sua falsificazione ogni altra cosa viene tradita”. “E, soprattutto, si mina in radice la fiducia. Più che mai nell’ambito politico occorre recuperare un’etica della parola”.

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