
“La diversità tra i voti della Maturità 2019 e i risultati delle prove Invalsi per gli studenti del Nord e Sud Italia si può spiegare, a mio avviso, solo con il fatto che i docenti del Mezzogiorno sono di manica più larga”. Lo dice al Sir Giuseppe Savagnone, insegnante di liceo in pensione e oggi responsabile di Tuttavia.eu, il sito della pastorale della cultura dell’arcidiocesi di Palermo, commentando quella che appare una contraddizione: i ragazzi dell’ultimo anno delle superiori che vivono al Sud alle prove Invalsi non hanno ottenuto buone performance, specialmente in italiano e matematica, mentre alla Maturità hanno avuto voti e percentuali di lodi di gran lunga superiori a quelli degli studenti del Nord, che hanno primeggiato, invece, nelle prove Invalsi. “In ambienti dove i ragazzi stentano a trovare chi parli italiano perché in casa si usa solo dialetto, è chiaro che la prova Invalsi fotografa una difficoltà linguistica astrattamente, senza tenere conto che quel ragazzo ha fatto grandi progressi nel suo sviluppo; però, agli esami di Maturità non ci possiamo basare solo sui percorsi e sui progressi e mettere cento. Dei percorsi devono tenere conto i professori strada facendo. Le prove Invalsi evidenziano che al Sud la realtà non è positiva come mostrerebbero i voti di Maturità”, osserva il docente in pensione. In ogni caso, aggiunge, “i voti finali devono essere corrispondenti alla realtà: quindi, questi risultati discrepanti fanno pensare solo a una maggiore generosità dei professori del Sud”. “Purtroppo – conclude Savagnone -, questo non è un buon fatto perché non aiuta a stimare il Sud, né a valorizzare le reali risorse del Mezzogiorno e fa il gioco di quelli che, in buona o cattiva fede, tendono a considerare il Meridione una palla al piede dell’Italia”.