“Oggi la Corte costituzionale ribadisce ciò che il nostro fondatore don Oreste Benzi ripeteva continuamente a gran voce nei suo 30 anni di instancabile impegno, personale e di tutta la Comunità, sulle strade: nessuna donna nasce prostituta ma c’è sempre qualcuno che ce la fa diventare”. Così don Aldo Buonaiuto, sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII, impegnato sul fronte della lotta alla tratta e alla prostituzione, commenta al Sir le motivazioni della sentenza depositate oggi dalla Corte costituzionale con le quali la Consulta afferma che la prostituzione non è mai un atto totalmente libero. Per don Buonaiuto queste motivazioni sono “la risposta di uno Stato che sceglie di non mettersi dalla parte di chi fa diventare le donne prostitute, ma dalla parte di chi le vuole liberare da questa condizione di assoggettamento. Dietro la prostituzione c’è sempre uno stato di bisogno. La Consulta riconosce che non è naturale prostituirsi; una persona che mercifica il proprio corpo per fini sessuali non può essere considerata una persona che agisce del tutto liberamente”.
Oggi, prosegue il sacerdote, “sulle nostre strade italiane ci sono circa 120 mila donne – il 37% minorenni – provenienti soprattutto da Romania e Nigeria. In Francia, Svezia, Norvegia e Islanda viene colpita la domanda; quindi il secondo grande passo che noi auspichiamo è che anche i nostri parlamentari possano unirsi – così come accaduto in quei paesi – nel riconoscere che la donna è sempre vittima e che il cliente è la causa di questo mercato infamante. Esiste questa grande offerta perché c’è una domanda spaventosa di milioni di maschi che pensano di avere il diritto di comprare, mercificare, sfruttare il corpo di donne che sappiamo giovanissime, molte minorenni che spesso hanno la stessa età delle loro figlie nipoti. Una giustizia e una vergogna insopportabile”.
Per don Buonaiuto, al segnale culturale dato dalla Consulta “deve seguire un cambio di mentalità. Occorre un salto di qualità nell’educazione: sensibilizzare le nuove generazioni insegnando loro che le relazioni più intime, quelle sessuali ma non solo – non si possono acquistare ma si devono realizzare, conquistare all’interno di un incontro che costruisca una relazione un rapporto vero tra due persone tra due pari”. “Trafficanti e clienti – conclude – sono entrambi complici di una schiavitù ignobile che non bisogna stancarsi di denunciare. Non basta denunciare il traffico di droga o di armi; occorre condannare con fermezza anche la tratta delle donne e la prostituzione coatta”.