“Ricevo telefonate da tutto il mondo e per motivo di privacy non posso dire nulla, non posso nemmeno dire se è stata una nostra paziente o meno”. È Elke Swart, portavoce della clinica Levenseindekliniek all’Aja, raggiunta al telefono dal Sir che dice: “Non diamo informazioni su casi personali. Siamo una istituzione medica e ci atteniamo alle regole della privacy”. Sarebbe a questa clinica che, secondo un articolo del Gelderlander del dicembre 2018, si era rivolta la giovane Noa Pothoven, morta domenica nella sua casa di Arnhem, per chiedere aiuto per morire “all’insaputa dei genitori. Alla sua domanda: sono idoneo per l’eutanasia o l’assistenza al suicidio? La risposta era stata: no”, scriveva all’epoca il giornale. La malattia di Noa: disturbi da stress post-traumatico (in seguito ad abusi e violenze sessuali), depressione e anoressia. Noa aveva scritto un libro, “Winning or Learning”, (Vincere o imparare) per “dare un contributo per migliorare l’aiuto ai giovani psicologicamente vulnerabili, che stanno lottando intensamente per le loro vite”. Secondo la ricostruzione dei giornali olandesi, Noa si è lasciata morire di fame e di sete, come accade alle giovani anoressiche. La madre Lisette aveva raccontato al Gelderlander le inutili cure a cui era stata sottoposta Noa e le “enormi liste d’attesa” per cure specialistiche adeguate. “Se hai una grave malattia cardiaca”, aveva commentato Noa, “puoi subire un intervento chirurgico nel giro di poche settimane. Ma se diventi molto malato di mente, allora dicono: sfortunatamente, siamo pieni, bisogna stare in lista d’attesa. E bisogna sapere che nei Paesi Bassi un paziente su dieci con anoressia muore per le conseguenze del disturbo alimentare”.
Sulla vicenda di Noa interviene su Twitter Marco Cappato, tesoriere della Associazione Luca Coscioni e promotore della campagna Eutanasia legale, che accusa i media italiani di non aver adeguatamente verificato la notizia: “L’Olanda ha autorizzato l’eutanasia su una 17enne? Falso! I media italiani non hanno verificato. Lei ha smesso di bere e mangiare e si è lasciata morire a casa, coi familiari consenzienti. Si attendono smentita e scuse”. Per ora, comunque, sono ancora da chiarire le modalità con le quali l’adolescente ha posto fine alla sua esistenza.