“La morte del card. Sgreccia, don Elio come lo chiamavamo, lascia un vuoto in noi suoi allievi e membri dell’Istituto di bioetica che lui ha fondato negli anni ’90, prima ancora come Centro e poi come Istituto universitario, uno dei primi in Italia a dedicarsi alla bioetica”. Così Antonio Gioacchino Spagnolo, docente di Medicina legale e direttore dell’Istituto di bioetica e Medical Humanities all’Università Cattolica del Sacro Cuore, commenta la morte avvenuta questa mattina del card. Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, alla vigilia del compimento dei 91 anni.
“Il ricordo che noi abbiamo è quello di un professore e di uno studioso che ha messo al primo posto la ragione per argomentare e sostenere le tesi”, prosegue Spagnolo, ricordando di Sgreccia “il riferimento alla persona umana nella sua dimensione di razionalità che è in grado di argomentare per arrivare a delle soluzioni o conclusioni che non sono semplicemente emotive o affidate ad un’autorità per definizione”. “Sgreccia – prosegue – è stato il primo a introdurre nella bioetica italiana l’idea del riferimento alla persona”, non a caso “è stato il fondatore del personalismo ontologicamente fondato in bioetica” perché “ha sempre ritenuto che il riferimento alla persona era tale da permettere di condividere con tutti quelli che condividevano la razionalità indipendentemente dalla fede”. “La relazione tra ragione e fede – sottolinea Spagnolo – è stata anche motivo del suo insegnamento: una razionalità aperta alla trascendenza”. “Molto chiaro – ricorda – è l’esempio che faceva per spiegare il collegamento tra fede e ragione attraverso il paragone dell’occhio e del microscopio. Quest’ultimo è in grado di far vedere le cose più piccole, amplificando la realtà rispetto a quella che è ma per vedere c’è bisogno di un occhio. Fuor di metafora, l’occhio è la ragione che attraverso l’amplificazione che la fede può fare – il microscopio – può vedere al di là della situazione apparente”.
Secondo Spagnolo, il libro “Contro vento. Una vita per la bioetica” scritto pochi mesi fa è una sorta di testamento del card. Sgreccia: “Un volume nel quale rilegge gli avvenimenti della sua vita”. L’insegnamento che se ne trae è che “di fronte agli avvenimenti che spingono la barca della vita, il vento a volte può essere contrario e quindi c’è bisogno di ‘aggiustare’ le vele per cogliere anche quella parte che sembra ostile”. “Nella sua vita e nella sua carriera Sgreccia ha avuto eventi contrari, ma ha saputo raccogliere questa contrarietà indirizzandola verso una positività”. Spagnolo conclude ricordando come “la coerenza con i principi etici fondamentali rappresenti l’elemento distintivo di Sgreccia, che non si è mai lasciato trasportare da mode o eventi del momento ma ha sempre saputo cogliere in modo razionale la dimensione oggettiva legata alla dignità della persona”.