“Stiamo trasformando il nostro mare in zona di frontiera: questo limiterà la libertà di tutti e ridurrà in futuro anche i nostri diritti”. È la preoccupazione di padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, per il quale “la diminuzione degli arrivi però non può e non deve essere considerata una buona notizia”. In un articolo pubblicato sul sito della Campagna Cei “Liberi di partire, liberi di restare”, padre Ripamonti ricorda che “in Italia gli arrivi via mare sono calati drasticamente nel 2018, ben l’80% in meno rispetto al 2017 e il trend si conferma anche per i primi 6 mesi del 2019 (1561 persone arrivate in Italia fino al 30 maggio con un calo circa il 90%)”. “L’aver ridotto drasticamente ogni azione di soccorso e ricerca in mare da parte dei governi dell’Unione europea e delle Ong non ha risolto il problema della mancanza di vie legali di accesso alla protezione: ha reso solo meno visibili le sue tragiche conseguenze”, spiega il presidente del Centro Astalli, secondo il quale “l’aver propagandisticamente dichiarato la chiusura dei porti non ha risolto il problema di quelle migliaia di migranti che vivono ai margini nel nostro Paese e nella nostra Europa”. “Quei viaggiatori non qualificati, così come ogni giorno declassiamo decine di donne e uomini e bambini – chiarisce – che pur avendo il diritto di vivere sereni nei propri Paesi o legittimamente di partire liberamente per trovare la felicità (aspirazione che accomuna tutti), si spostano subendo il regime delle frontiere alla mobilità, che noi gli stiamo imponendo e che li rende meno liberi, che li rende meno uomini”. Occorre invece, conclude padre Ripamonti, “tornare a sognare insieme un futuro possibile immaginare una realtà di opportunità e di pace”.