Papa Francesco: a Napoli, “i teologi siano uomini e donne di compassione, toccati dalla vita oppressa di molti, dalle schiavitù di oggi”

(Foto Vatican Media/SIR)

Il Mediterraneo è “il mare del meticciato, un mare geograficamente chiuso rispetto agli oceani, ma culturalmente sempre aperto all’incontro, al dialogo e alla reciproca inculturazione”. Ne è convinto il Papa, intervenuto all’Incontro promosso a Napoli dalla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – sezione San Luigi. Per Francesco, “vi è bisogno di narrazioni rinnovate e condivise che – a partire dall’ascolto delle radici e del presente – parlino al cuore delle persone, narrazioni in cui sia possibile riconoscersi in maniera costruttiva, pacifica e generatrice di speranza”. “La realtà multiculturale e pluri-religiosa del nuovo Mediterraneo si forma con tali narrazioni, nel dialogo che nasce dall’ascolto delle persone e dei testi delle grandi religioni monoteiste, e soprattutto nell’ascolto dei giovani”, ha osservato invitando poi a una “teologia dell’accoglienza” come “metodo interpretativo della realtà” e al “dialogo sincero” che necessita di “teologi che sappiano lavorare insieme e in forma interdisciplinare, superando l’individualismo nel lavoro intellettuale”. I teologi, in particolare, “siano uomini e donne di compassione, toccati dalla vita oppressa di molti, dalle schiavitù di oggi, dalle piaghe sociali, dalle violenze, dalle guerre e dalle enormi ingiustizie subite da tanti poveri che vivono sulle sponde di questo ‘mare comune’. Senza comunione e senza compassione, costantemente alimentate dalla preghiera, la teologia non solo perde l’anima, ma perde l’intelligenza e la capacità di interpretare cristianamente la realtà”.

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