Migrazioni: mons. Di Tora (Migrantes), “cambieranno la geopolitica mondiale”

“Le migrazioni non sono un fenomeno transitorio. Chi le studia ci dice che dureranno almeno 25-30 anni e che cambieranno la geopolitica mondiale, come è avvenuto in passato. C’è quindi la necessità di preparare questa realtà del futuro. E il mondo giovanile è fondamentale, perché saranno il mondo del domani”. Lo ha detto il presidente della commissione Cei per le migrazioni e della Fondazione Migrantes, mons. Guerino Di Tora, intervenendo alla presentazione a Roma, alla Camera dei Deputati, del volume “Rim Junior 2018-2019” che, promosso dalla Fondazione Migrantes, si propone di narrare ai ragazzi la storia dell’emigrazione italiana nel mondo. Tra i presenti, la parlamentare Fucsia Fitzgerald Nissoli, in collegamento da New York il console italiano Francesco Genuardi e l’Osservatore della Santa Sede all’Onu, mons. Franco Hilary. “Questo progetto vuole occuparsi soprattutto del mondo giovanile e spiegare l’intercultura ai bambini che in quanto tali non hanno pregiudizi. Quando vado nelle scuole, soprattutto nel settore Nord di Roma – ha proseguito mons. Di Tora – vedo che i ragazzi sono uniti tra loro, le famiglie si frequentano. Quando si incontrano a pranzo ognuno porta la realtà del proprio mondo e lì nasce, concretamente, l’intercultura”. Il presidente di Migrantes ha poi aggiunto: “Non dimentichiamo che oggi le persone si muovono per le ragioni più varie. Per lavoro, per mercato, per affari, ma soprattutto anche per fuggire da situazioni difficili, di guerra. Non c’è solo la guerra delle armi, c’è la guerra della siccità, della sopravvivenza, della desertificazione. Fu don Luigi Di Liegro, per primo, a porre l’attenzione sul fenomeno migratorio, iniziando in Italia il Dossier Statistico sull’Immigrazione. Ma sono sempre più numerosi anche gli italiani che lasciano il Paese e vanno all’estero per difficoltà economiche”. “Se prima vedevamo solo studenti, oppure lavoratori – ha concluso – oggi abbiamo anche gli anziani che se ne vanno perché le loro condizioni sociali sono più favorevoli all’estero, come in Portogallo. Vogliamo dunque che tutto questo sia un patrimonio che non vada perduto e auspichiamo che la mobilità sia un elemento sempre più di conoscenza, di confronto, di incontro, di arricchimento culturale soprattutto umano”.

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