“Io penso che per la Piccola Casa sia giunto il momento di fare un passo ulteriore, non spinto da necessità ma illuminati dalle circostanze, quello cioè di sentirci tutti – religiosi e laici – corresponsabili della missione. Se il concetto di collaborazione presuppone un agente principale e altri che gli sono accanto a lavorarci insieme, quello di corresponsabilità presuppone di essere tutti co-attori principali e dunque co-responsabili di un progetto condiviso”. Lo ha detto questo pomeriggio p. Carmine Arice, padre generale della Piccola Casa della Divina Provvidenza, nella relazione introduttiva della II assemblea della Famiglia carismatica Cottolenghina (Torino, 14-16 giugno). Da padre Arice l’invito a riflettere sul “come essere presenti nei contesti attuali, sul come poter offrire una cura integrale e, non di meno, come organizzare la gestione delle nostre Opere in un tempo di cambiamenti demografici, di gruppi di appartenenza – religiosi/laici, di tipologia degli ospiti che bussano alle nostre porte e, non da ultimo, di nuove esigenze legislative gestionali”, nella consapevolezza che “non si tratta solo di pensare a dei bravi strumentisti ma di capire come un’intera orchestra, composta da esperti artisti dell’umano e della cura, possono offrire a quanti li incontrano, il frutto della loro arte terapeutica”. La prima sfida “che siamo chiamati costantemente a vincere”, ha concluso, “è quella della comunione, che non significa uniformità ma rispettoso riconoscimento del dono dell’altro, delle sue capacità e competenze, accogliendo anche i suoi inevitabili limiti perché appartenente come me ad una umanità ferita, bisognosa di misericordia e sempre in cammino”.