Fede e cultura

Libri: presentato a Roma “Confesiones de jesuites”, “testimonianze libere” animate dallo stesso “spirito ignaziano”

“Le confessioni non sono mai scontate né ovvie: la Chiesa si confronta da tempo con questa pratica, soprattutto dopo la Riforma”. Lo ha detto padre Martin Maria Morales, direttore dell’Archivio della Pontificia Università Gregoriana, presentando sabato sera a Roma, nella Sala Accademica del Pontificio Istituto di Musica sacra il saggio “Confesiones de jesuitas” di Valentí Gomez-Oliver e padre Josep M. Benitez-Riera. Dopo i saluti del delegato della Generalitat della Catalogna in Italia, Luca Bellizzi, e alla presenza, tra gli altri, dell’ambasciatrice di Spagna presso la S. Sede, Maria del Carmen de la Peña Corcuera, Morales ha sottolineato che viviamo in un’epoca di “confessioni pubbliche” ed ha citato ad esempio il “confessionale” della trasmissione “Grande Fratello”. “Non è facile che un gesuita si confessi”, ha aggiunto il relatore: “Nell’immaginario collettivo gesuita è sinonimo di ipocrita, di doppiezza. Già Pascal denunciava l’ambiguità morale dei gesuiti”. In fondo, ha sostenuto, “la confessione è anche in un certo senso occultare qualcosa”. In questo senso forse risulta interessante “scoprire” “quello che non dicono” i padri che hanno risposto al vasto questionario. “Non aspettatevi – ha concluso – la verità dei gesuiti ma lo specchio di un corpo sofferente e frammentato, che cerca con passione cosa fare nella società di oggi. Sono frammenti di uomini. Ho vissuto con alcuni di loro anche 10 anni e per me molte risposte sono state delle autentiche sorprese”. Gomez, che ha letto un messaggio di padre Benitez (assente perché malato), ha sottolineato tre aspetti del libro. Il primo è che si tratta di “testimonianze libere di persone comunque fedeli all’impegno vocazionale”. Il secondo è che pur “provenendo da contesti diversi, tutti sono animati dallo stesso spirito ignaziano”. Infine, ricordando che l’attuale generale della Compagnia padre Sosa ha raccontato che lui e quanti erano lontani da Roma hanno vissuto la narrazione del Concilio Vaticano II “come un romanzo”, ha usato la stessa metafora: “Per me – ha detto Gomez – questo libro è come un romanzo, è un momento di autocoscienza personale di chi ha risposto ma anche collettiva. Le Confessioni non sono solo ideologiche – ha concluso – ma anche sociali. Ad esempio, parlando del mondo femminile alcuni hanno aperto il cuore mentre altri hanno tirato giù la saracinesca”.