Gioco d’azzardo: p. Occhetta (La Civiltà Cattolica), “la liberalizzazione ha trasformato il Paese in un grande casinò a cielo aperto”

“Il gioco d’azzardo e la crisi sociale sono diventate due facce della stessa medaglia, rappresentano il sintomo e la conseguenza di una cultura malata che si affida alla sorte”. Lo scrive padre Francesco Occhetta, scrittore de La Civiltà Cattolica, nel numero di giugno di Vita pastorale, anticipato al Sir. Segnalando che “nel 2017 gli italiani hanno giocato 101,8 miliardi di euro, 5 miliardi in più rispetto al 2016, mentre nel 2006 la spesa non superava i 35 miliardi”, il gesuita afferma che “la liberalizzazione del gioco d’azzardo del 2003 ha trasformato il Paese in un grande casinò a cielo aperto con 366.399 slot machine, una ogni 161 cittadini”. Quella indicata da p. Occhetta, in pratica, è “un’escalation della dipendenza”. Ecco il processo innescato: “Il gioco d’azzardo stimola, eccita, aumenta il desiderio di rischiare, fa dimenticare la realtà, libera le pulsioni più istintive. Bastano tre anni di gioco per entrare nella fase di dipendenza e poi in quella della disperazione. Tuttavia – è il consiglio di p. Occhetta -, quando un giocatore diventa consapevole della dipendenza, deve subito chiedere aiuto”. Coloro che giocano di più sono “gli anziani e, purtroppo, anche i disoccupati”. Sono circa 12 mila i ludopatici stimati in cura e quasi 700 i giocatori a rischio. “I costi per lo Stato sono ingenti: si parla di circa 6 miliardi di euro per interventi ambulatoriali psicologici, ricoveri, medicine, la perdita di rendimento, il costo sociale dei divorzi, i fallimenti, le conseguenze delle violenze familiari e sociali che il gioco provoca”. Di qui un appello ai politici chiamati a “fasciare” e a “guarire questa piaga”. “Da cittadini, invece, è importante premiare i bar e gli esercizi commerciali che scelgono di non promuovere l’azzardo, perdendoci economicamente”.

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