Sentenza

Cassazione su utero in affitto: Gambino (Scienza & vita), “divieto di maternità surrogata è principio di ordine pubblico“

“La sentenza odierna della Cassazione che ha rigettato la richiesta di trascrizione nei registri dello Stato Civile italiano del provvedimento del giudice straniero che accertava il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero da maternità surrogata ed un altro soggetto che non aveva con lo stesso alcun rapporto biologico è un importante ed ulteriore riconoscimento del divieto di maternità surrogata nel nostro ordinamento a tutela, in primis, della dignità della donna. Con cautela, invece, va considerato il riferimento all’adozione in casi particolari ex art. 44, comma1, lett. d) della L. 184 del 1983”. Così il giurista Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita e prorettore dell’Università Europea di Roma, in seguito alla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, n. 12193 del 8 maggio 2019, in tema di surrogazione di maternità.
Nello specifico la domanda riguardava la trascrizione in Italia del provvedimento del Giudice canadese che accertava il rapporto di filiazione tra due minori concepiti attraverso maternità surrogata, con la collaborazione di due donne, (una “donatrice” degli ovociti, l’altra invece “gestante”) e uno dei componenti di una coppia omosessuale. La Corte ha riaffermato il valore del divieto della surrogazione di maternità contenuto nella Legge 40 del 2004 (in particolare ex art. 12, comma 6), in quanto principio di ordine pubblico posto a tutela della dignità della gestante. Nella sentenza è messa in luce “la rilevanza della normativa ordinaria, quale strumento di attuazione dei valori consacrati nella Costituzione”, rispetto ad una pratica che offende la dignità della donna e che mina le relazioni umane. La decisione – prosegue Gambino – è di grande importanza perché stabilisce la prevalenza dei principi dell’ordinamento italiano in tema di filiazione e dignità della persona su quelli di altri ordinamenti che contrastino con essi”. “Con cautela – conclude il presidente – il riferimento operato dalle Sezioni Unite all’adozione in casi particolari prevista dall’art. 44, comma primo, lett. d), della legge 184 del 1983, che non può essere utilizzata per consentire l’ingresso ‘dalla finestra’ a pratiche considerate comunque illegittime e contrarie alla dignità umana: la diretta conseguenza sarebbe, nella sostanza, una elusione del divieto che oggi le stesse Sezioni Unite riconoscono come pienamente valido e costituzionale”.