Case popolari

Casal Bruciato: mons. Palmieri (ausiliare Roma), “abbiamo invitato la famiglia rom dal Papa, sono molto impauriti”

“Li abbiamo invitati domani dal Papa ma non ci hanno ancora detto se verranno, ci faranno sapere presto. Sono molto impauriti, hanno mandato dagli zii tutti i bambini e tengono con sé solo la bimba di 3 anni. Ma come si fa? Dopo aver sentito gridare ‘vi stupriamo’, come possono rimanere lì? Questi due genitori sono coraggiosi ma hanno sentito tutto e ricordano bene le frasi. Hanno paura, vogliono andar via. Per loro stare in quella casa, dopo 15 anni di campo, era l’inizio di un riscatto”. Così mons. Gianpiero Palmieri, vescovo ausiliare del settore est di Roma, racconta in una intervista al Sir l’incontro di oggi con la famiglia rom al centro delle proteste violente di alcuni residenti e di militanti di Casa Pound a via Satta, nel quartiere di Casal Bruciato, a Roma. Mons. Palmieri era insieme alla sindaca Virginia Raggi e al direttore della Caritas di Roma, don Benoni Ambarus. La famiglia viveva nel campo La Barbuta ed aveva aspettato 15 anni per l’assegnazione legale di un alloggio popolare. “Volevano segnare una svolta – prosegue mons. Palmieri -. Il padre di famiglia, con una innocenza che mi ha colpito tanto, mi ha detto: ‘Io volevo organizzare una festa per tutto il condominio, invece ho capito che non si può fare’. Io non so se la famiglia ce la farà a rimanere lì”. Secondo il vescovo “si stanno sedimentando tante situazioni difficili. Da una parte tutta la questione relativa alle case popolari, in un quartiere dove la gente fa mille fatiche per potersi pagare la casa”. Durante l’incontro, “è stato molto bello vedere un paio di vicini di casa, che prima avevano apostrofato male la sindaca Raggi, entrare con noi a conoscere la famiglia. Si sono resi conto che sono una famiglia normale. Sono cittadini italiani, i figli vanno a scuola, il padre lavora in un mercatino”. “Devo dire che la scelta della sindaca di difendere a tutti i costi il diritto di questa famiglia a stare lì è stata molto coraggiosa – osserva -. Certo, molto di più si può fare per favorire progetti di integrazione”. “È una guerra tra poveri – ribadisce -. Mi ha colpito molto sia il dialogo con la famiglia rom, sia con i residenti. Sono entrambe realtà che lottano per la vita quotidiana. O si decide di uscire fuori da queste situazioni tutti insieme, prendendoci cura di tutti i poveri, oppure si sovraccarica la vita di una comunità locale e civile di un compito di integrazione a cui non è preparata”. Le contestazioni violente, a suo avviso, sono “la scelta di chi, in vista delle elezioni, alimenta l’insofferenza di persone che già vivono in mezzo a mille difficoltà quotidiane. Si alimenta il sentimento di odio per avere qualche voto in più alle prossime elezioni”.