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Papa Francesco: a incontro “Il calcio che amiamo”, “è un gioco”, no a “fenomeni” che ne “macchiano la bellezza”. Il ruolo di genitori, allenatori e campioni

“Tanti definiscono il calcio come ‘il gioco più bello del mondo’. Anch’io penso lo stesso, ma è un’opinione personale. Ma spesso si sente anche dire: ‘il calcio non è più un gioco!’”. A farlo notare è stato il Papa, nell’udienza concessa oggi in Aula Paolo VI ai partecipanti all’incontro “Il calcio che amiamo”. “Purtroppo  assistiamo, anche nel calcio giovanile, in campo o a bordocampo, a fenomeni che macchiano la sua bellezza”, la denuncia di Francesco: “Ad esempio, si vedono certi genitori che si trasformano in tifosi ultras, o in manager, in allenatori…”. Nel calcio, a volte, la parola “gioco” – ha affermato il Papa –  “viene dimenticata, e magari sostituita – di nascosto – con altre meno coerenti, se non del tutto contrarie alle finalità. Invece è un gioco e tale deve rimanere!”. “Un giorno – ha raccontato Francesco – una giornalista chiese a una teologa come si poteva spiegare a un bambino la felicità. Lei rispose: ‘Io non la spiegherei, gli darei un pallone per giocare'”. “Questa è la felicità!”, ha esclamato a braccio. “Giocare rende felici perché si può esprimere la propria libertà, si gareggia in modo divertente, si vive un tempo nella gratuità semplicemente perché piace: giocare a calcio piace, si rincorre un sogno senza, però, diventare per forza un campione”, ha spiegato il Papa citando la Carta dei diritti dei ragazzi allo sport, in cui si ribadisce il diritto di ogni ragazzo di “non essere un campione”. “Ho il diritto di non diventare un campione, ma ho la felicità di giocare”, il commento a braccio. “Cari genitori – l’appello –  vi esorto a trasmettere ai vostri figli questa mentalità: il gioco, la gratuità, la socialità… A incoraggiarli nei momenti difficili, specialmente dopo una sconfitta… E ad aiutarli a capire che la panchina non è un’umiliazione, ma un’occasione per crescere e un’opportunità per qualcun altro. Che abbiano sempre il gusto di dare il massimo, perché al di là della partita c’è la vita che li aspetta”. “Cercare alleanza con la società sportiva dei vostri figli, soprattutto con gli allenatori”, l’altro compito assegnato da Francesco ai genitori: “Allenare è una sorta di accompagnamento, come un guidare verso un di più e un meglio. Ci si allena per migliorare le proprie qualità fisiche, tecniche così da essere in grado di affrontare le sfide”.
“In quest’avventura – ha proseguito il Papa –  voi allenatori avete un ruolo importante, perché vi trovate ad essere dei punti di riferimento autorevoli per i ragazzi che allenate: con voi passano tanto tempo, in un’attività che a loro piace e li gratifica, e siete figure ‘altre’ rispetto ai genitori. Tutto ciò che dite e fate, il modo in cui lo dite e lo fate, diventa insegnamento per i vostri atleti, ciò lascerà un segno indelebile nella loro vita, in bene o in male”. “Qualcuno ha detto che camminava in punta di piedi sul campo per non calpestare i sogni sacri dei ragazzi”, ha raccontato il Papa: “Vi chiedo di non trasformare i sogni dei vostri ragazzi in facili illusioni destinate a scontrarsi presto con i limiti della realtà; a non opprimere la loro vita con forme di ricatto che bloccano la loro libertà e fantasia; a non insegnare scorciatoie che portano solo a perdersi nel labirinto della vita. Possiate invece essere sempre complici del sorriso dei vostri atleti!”.
Il Papa ha poi rivolto un’ultima parola “ai grandi campioni del calcio, a cui si ispirano questi giovani atleti”: “Non dimenticate da dove siete partiti: quel campo di periferia, quell’oratorio, quella piccola società… Vi auguro di sentire sempre la gratitudine per la vostra storia fatta di sacrifici, di vittorie e sconfitte. E di sentire anche la responsabilità educativa, da attuare attraverso una coerenza di vita e la solidarietà con i più deboli, per incoraggiare i più giovani a diventare grandi dentro, e magari anche campioni nella vita”. “Grandi nella vita, questa è la vittoria di voi tutti, è la vostra vittoria che giocate il calcio. Custodite sempre la amatorialità, che è una mistica: che non finisca la bellezza del calcio”, a favore di “un do ut des dei mercati finanziari”, la conclusione a braccio.